Gordon Brown non sta ancora facendo le valigie. Il leader dei laburisti resta a Downing Street in attesa di sapere se David Cameron e Nick Clegg riusciranno a raggiungere un accordo che consentirebbe al leader conservatore di diventare premier.
L'attesa sarà snervante: la passività forzata non si addice a questo uomo politico notoriamente impaziente e poco tollerante. La consolazione per Brown è che lo scenario devastante prospettato da Clegg non si è materializzato: i laburisti non sono diventati il terzo partito. Restano secondi, e nettamente, davanti ai liberaldemocratici. Hanno perso molti voti ma non sono stati puniti con la severità che alcuni sondaggi delle ultime settimane facevano temere.
Il partito laburista è riuscito a vincere anche nel distretto elettorale di Rochdale, patria di Gillian Duffy, strappando il seggio ai liberaldemocratici. Un successo inatteso proprio nel luogo dove Brown aveva commesso la più celebre gaffe della campagna elettorale, insultando un'anziana sostenitrice con la quale aveva appena parlato per la strada, senza accorgersi che il suo microfono era ancora acceso. Il cosiddetto "Bigotgate" ha fatto scorrere fiumi d'inchiostro, ma non sembra avere danneggiato la causa laburista.
L'immagine di Brown però, già intaccata da una ridda di voci sul suo pessimo carattere, è stata ulteriormente scalfita. Il premier si è presentato come l'unico leader con l'esperienza necessaria per rimettere in carreggiata l'economia e la gravitas indispensabile per essere preso sul serio in ambito internazionale. Nei suoi tre anni al governo ha dimostrato grande capacità di resistenza, riuscendo a debellare numerose rivolte interne. I ribelli sono stati riportati nei ranghi o cacciati lontano. Dopo la sconfitta elettorale, però, Brown difficilmente potrà sopravvivere come leader di partito.
Il suo successore più probabile è considerato David Miliband, ministro degli Esteri, che a 44 anni può rivaleggiare con Cameron e Clegg come "volto giovane" della politica, ma che può anche vantare anni di esperienza in prima linea. Miliband ha già ottenuto il sostegno dell'ex premier Tony Blair, dei ministri del Business Peter Mandelson e dell'Interno Alan Johnson, fino a poco fa considerato un candidato al dopo-Brown. Secondo voci attendibili il moderato Miliband avrebbe già concordato un'alleanza con Jon Cruddas, un veterano della di sinistra, che come numero due gli garantirebbe il sostegno dei sindacati.
L'alternativa femminile a Miliband potrebbe essere Harriet Harman, la battagliera vice-leader del partito laburista. Un altro candidato che ha già fatto sapere di voler diventare leader è Ed Balls, ministro dell'Infanzia e fidatissimo consigliere di Brown, inviso però ai blairiani del partito. La Gran Bretagna è un paese che ama le scommesse: Ladbrokes ha Miliband favorito a 11/10, Harman seconda a 10/1 e Balls terzo a 20/1.
Mentre chi ha puntato attende di incassare le scommesse, Brown resta a Downing Street. Nonostante tutto il premier, come ha dichiarato ieri Alan Johnson, «si è meritato la dignità di decidere quando lasciare».
(N.D.I.)
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