Il Punto
Davanti a Pd e Udc la nuova sfida della responsabilità nazionale
21 maggio 2010
Se l'opposizione al governo Berlusconi si sostiene su tre gambe (Pd, Udc e Italia dei Valori), le prime due sono chiamate a compiere scelte difficili. L'Udc a Todi e il Pd nell'assemblea di Roma devono rispondere agli stessi interrogativi: quale posizione prendere rispetto alla manovra correttiva che il governo sta attuando. La terza gamba, quella di Di Pietro, la sua scelta l'ha già fatta con il solito dinamismo spregiudicato: da un lato ha presentato una sorta di contro-manovra che ha l'effetto immediato di incalzare il Pd da sinistra; dall'altro ha appoggiato la Lega e Calderoli sul cosiddetto federalismo «demaniale».

Ma per restare all'opposizione che si definisce riformista o moderata, Pd e Udc, non c'è dubbio che quei 28 miliardi di euro da recuperare scuotono anche i quartieri generali di Bersani e Casini. È come se un capitolo si fosse chiuso e se ne stesse aprendo un altro. È vero, il vecchio ottimismo di maniera del centrodestra è ormai una moneta fuori corso. E infatti la linea di Tremonti riconosce la gravità della crisi, resa tale dalla vicenda greca e dagli scossoni nell'intera Europa. Ma anche l'opposizione deve uscire adesso da una «routine» fatta di comodi slogan e di inerzia sostanziale. Stare alla finestra in attesa del peggio, o magari dell'uscita di scena di Berlusconi, rischia di essere non solo un alibi, bensì un errore politico.

Pier Ferdinando Casini è stato il più lesto a considerare la nuova situazione. Il suo «partito della nazione», presentato in queste ore a Todi, è qualcosa più di un passaggio tattico e qualcosa meno di un progetto definitivo. È ingiusto presentarlo come un'astuzia per coprire il reingresso dell'Udc nell'area di governo, magari in cambio di un paio di ministeri. Semmai è il primo tentativo, da parte di una forza d'opposizione, di fare i conti con la sfida della responsabilità nazionale. Una sfida che al momento tende a coinvolgere in forme non dissimili i partiti di governo e quelli d'opposizione.

Oggi non è all'ordine del giorno alcun esecutivo di «salute pubblica» o di unità nazionale. Ma alludere a un «partito della nazione» (che naturalmente non potrà essere una mera riedizione dell'Udc con il suo 5 per cento di voti) significa mandare un messaggio piuttosto chiaro a chi vuole intendere: se c'è o ci sarà nei prossimi tempi un'emergenza davvero «nazionale», di natura economica e sociale, il partito centrista farà la sua parte. In forme che adesso non si possono prevedere, ma che potrebbero segnare il superamento degli attuali equilibri ingessati da anni.

Si dirà che per l'Udc è abbastanza semplice compiere una scelta di questo tipo, visto che i suoi elettori hanno un orientamento moderato e le loro ansie sono provocate semmai dalle alleanze a sinistra. In realtà non c'è nulla di scontato in questo momento. Anche nel centrodestra la coesione intorno al rigore di Tremonti, forte del suo asse con Bossi, è tutta da dimostrare. Per cui il maggior partito d'opposizione, il Pd, si trova davanti al bivio. La strada più facile è dire «no» all'austerità governativa. La via più innovativa consiste nel raccogliere la sfida della responsabilità. Il che pone a Bersani più problemi di quanti ne ponga a Casini. Ma anche gli esiti della svolta sarebbero più significativi. Se l'opposizione scegliesse di sostenere la manovra, o almeno di non combatterla, la politica italiana potrebbe cambiare volto nel giro di un anno o due.


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