I posti di lavoro non si creano per decreto, cioè ricorrendo alla legge. Sembra questo un principio sul quale tutti dovrebbero concordare. Eppure il Governo rosso-verde al potere in Germania continua a insistere su una tradizionale linea di interventismo legislativo: ieri i ritocchi alla cogestione, oggi la minaccia di penalizzare ancor di più lo straordinario. Anche in Francia la sinistra insiste su una linea analoga, al punto di rompere l'alleanza pluridecennale fra le parti sociali nella gestione del sistema di sicurezza sociale pur di inseguire il mito delle 35 ore. Se non ci fosse Tony Blair a ricordarci che la sinistra può essere moderna al punto da essere sostenuta dalla business community, adottando politiche simile a quelle di Aznar in Spagna, verrebbe davvero da dire che i socialisti e i socialdemocratici europei ancora credono che una legge da sola possa creare occupazione.

Se c'è un istituto delle relazioni industriali del tutto insofferente a ogni tentativo di regolarlo per legge, questo è l'orario di lavoro. Altro che limitare lo straordinario: nelle piccole imprese di mezza Europa (quella che compete con il resto del mondo) lo straordinario è una necessità imprescindibile. Gli imprenditori (anche per mancanza di manodopera qualificata) non possono fare altro che chiedere ore supplementari a lavoratori che accettano di lavorare solo per le aziende che fanno loro fare lo straordinario. In molte imprese è proprio così: l'imprenditore ha un interesse a ricorrere a questo istituto, ma comunque se non lo facesse perderebbe i migliori dipendenti, sottratti da qualche concorrente disposto ad aprire i cordoni della borsa, e non sempre seguendo le regole. Esiste insomma una connivenza capace di superare senz'altro i divieti formali della legge.

Anziché pensare a penalizzare lo straordinario, la sinistra ben farebbe a riflettere su tante occasioni perdute, anche di recente. Restiamo in Germania e consideriamo il mancato accordo fra IG Metall e Volkswagen sul progetto "5000 x 5000". L'azienda proponeva 5mila nuovi posti di lavoro a 5mila marchi al mese a una condizione: retribuzione forfettaria con orario oscillante fino alle 48 ore settimanali, compreso il sabato. Dopo lunghe discussioni il sindacato ha preferito rinunciare ai posti di lavoro pur di non derogare ai livelli contrattuali stabiliti.

Così facendo, la sinistra politica e sindacale continentale consegna un numero sempre maggiore di imprese, soprattutto di piccole dimensioni, ai Paesi del Centro Europa e del Sud-Est asiatico. In tema di orario i lavoratori europei vogliono cose del tutto diverse da quelle che alcuni Governi sembrano proporre. Anche in materia di orario la generale aspirazione non è tanto di lavorare meno (sul modello delle 35 ore francesi) quanto piuttosto di lavorare meglio, con orari più confacenti alle proprie necessità.
L'Unione europea predica bene e razzola male. Invoca la piena occupazione di buona qualità, ma alcuni Stati membri hanno ancora nostalgia di dirigismo legislativo. Se vogliamo sostenere ancora che il modello americano (con regimi di orari deregolati) non è il nostro, allora dobbiamo riformarlo. O almeno non peggiorarlo ulteriormente, rendendolo ancor meno competitivo.

 

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