San Siro, primo maggio 2010, sera. E' la festa dei lavoratori, ma loro lavorano. Beh, lavorano... qualcuno armato fino ai denti di demagogia avrà da ridire, forse da ridere, ma senza tutti i torti. Lavorare è un'altra cosa. Li pagano una vagonata di soldi per fare ciò che molti di noi fanno, pagando. Dieci euro a testa quando va bene, una volta a settimana e non sul prato del Meazza, ma su un sintetico di periferia. Potremmo discutere inutilmente per ore, ma sarebbe tempo buttato. Fatto sta che giocano Milan e Fiorentina (e anche su questo ci sarebbe da ridire). Comunque ci voleva proprio il calcio, caricatura della vita, per scrivere una storia così: il primo maggio, uno contro l'altro, Leonardo e Gilardino, i contestatori, i rivoluzionari, quelli che le cantano ai loro padroni. Diversi come le loro ragioni, come i motivi che li spingono. Uguali solo nell'aria da bravi ragazzi, di quelli con la testa sulle spalle dai quali mai ti aspetteresti la coltellata. Forse anche per questo hanno fatto così rumore. In fondo per il Gila una semplice scaramuccia sindacale: "Resto ma solo se diventeremo grandi". E Della Valle, Andrea gli ha levato la pelle. Del resto i risultati della Viola non autorizzano grandi rivendicazioni, neanche se di gol ne hai fatti 15. Piuttosto magari Gilardino - e non solo lui - vorrebbe capire se resteranno, e come resteranno, i Della Valle. Perchè tra dimissioni, dismissioni, rinuncie alle cariche e promesse di mantenimento degli impegni, dichiarazioni d'amore eterno e prese di distanze, cittadelle dello sport e beghe comunali, pochi hanno capito bene come stiano le cose. Forse nemmeno lui, il Gila. Forse neppure Prandelli che era già stato messo con le spalle al muro quel giorno che gli ordinarono: "Dica che non va alla Juve!". E lui aveva risposto: "Suona come un licenziamento". Poi era finita lì. O forse era solo stata congelata. Comunque chi ha le idee chiare sul futuro della Fiorentina, alzi la mano. Ma parli solo se interrogato.

Per Leo invece è un'altra storia. Lui che non era nemmeno un allenatore, che dovrebbe baciare dove cammina chi ha avuto l'idea di metterlo lì, sulla panchina del club più titolato al mondo, ha avuto la faccia tosta di dire ciò che Ancelotti ha sempre pensato mentre gli passavano i bigliettini con su scritta la formazione da mettere in campo nella finale di Champions League. Ma si può essere così sfrontati, ingrati? Avrebbe dovuto vincere tutto e non ha vinto niente. E adesso se la prende per delle punture di spillo. Gli riportano i "si dice", gli "avrebbe detto" e lui addirittura dice. Dice. Ma chi si crede di essere, Fini? Cosa avrebbe dovuto fare Carletto, guidare la rivoluzione con il fazzoletto rosso al collo? E Zaccheroni che vinse uno scudetto portandosi da Udine Bierhoff e Helveg? E sì che dovrebbe saperlo bene Leonardo, dato che fu proprio lui con i suoi gol ad allungargli la vita. Certo, allora non aveva ancora capito di essere così incompatibile con il suo datore di lavoro, sennò col cavolo che stava lì a salvare Zac insieme a quello scapigliato, lingualunga, sospetto comunista di Zorro Boban che anche sabato sera negli studi di Sky ha avuto l'ardire di dichiarare: "Secondo me ci vorrebbe una rivoluzione vera e propria". Ancora quella parola... Intanto dalla tivù arrivano le immagini: Galliani aspetta sulla porta dello spogliatoio. Una virile stretta di mano per tutti. Ma per lui, per Leo, un abbraccio forte. E lo scorta via cingendogli il collo e parlandogli fitto. Che anche il vecchio Adriano abbia saltato il fosso, proprio il primo di maggio? Un altro Bruto anche lui? Oppure gli stava solo facendo le raccomandazioni: "Adesso fai il bravo, Leo. Ancora due settimane. Sennò poi chi lo sente?".

Ancora primo maggio, pomeriggio. Dopo cinque minuti ci è venuto il sospetto dello sciopero, vedendo Lucarelli e Castellini incrociare le braccia su un lancio da centrocampo di De Rossi, facendo ala allo scatto di Totti. Scatto–di–Totti… Poi il sospetto ci è un po' passato, guardando il resto della partita. Forse è stata solo una minaccia di astensione. Ancora più vistosa combinata a quella del signor Rocchi che si è ingoiato un fischio. Sappiamo che a pensar male si fa peccato, anche in una festa pagana come questa, ma che colpa ne possiamo avere se è il tempo del vino, delle rose e della fine dei campionati?

 

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