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8 gennaio 1930 / Un matrimonio da prima pagina

di Marco Innocenti

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Marco Innocenti, inviato del «Sole 24 Ore»
e autore di numerosi libri sugli eventi mondiali
sul costume del nostro Paese, racconta
i grandi fatti del passato e come l'Italia li visse


Il matrimonio più sfarzoso del 1930 è quello che unisce Umberto di Savoia e Maria José, principessa del Belgio. La stampa fascista, che ama le maiuscole, le chiama Nozze Auguste. I due sposi sono giovani, alti, belli. Sembra la premessa di una felicità che, invece, volerà via.
Due giovani emozionati
é l'8 gennaio, un mercoledì nuvoloso dagli improvvisi acquazzoni. Cento colpi di cannone, centinaia di bianche colombe in volo. Nella cappella Paolina del Quirinale celebra l'arcivescovo di Pisa, cardinale Maffi. Mussolini, in divisa da cerimonia e col collare dell'Annunziata, funga da notaio della Corona. Gli sposi sono emozionati, come fossero comuni mortali. Sul suo diario, re Vittorio Emanuele III, sempre conciso, scrive: "8 gennaio: nozze di mio figlio". "Divinamente bionda _ scrive un giornale _ Una visione di luce". Ma gli occhi di lei, insinua qualcuno, sembrano già addolorati. Anni dopo Maria José dirà : "Fu uno spettacolo neroniano".
Roma si è fatta bella
Roma, che si è rifatta il trucco, sembra impazzita dalla gioia: balli, sfilate, caroselli. I balconi e i tetti dei palazzi sono gremiti di gente per vedere gli sposi. Grandi feste, grandi speranze. Grandi aspettative per un matrimonio che sarà una delusione.
La rassegnazione
Quell'8 gennaio é un giorno pieno di sorrisi e di lacrime di gioia, ma mai coppia fu peggio assortita. L'unico comune denominatore è la bellezza. Tutto il resto li divide: lei è anticonformista, schietta, impulsiva, semplice, spontanea. Lui è rigido, gelido, ligio all'etichetta, distante, imbarazzato. Lei ha aspirazioni intellettuali, è curiosa di vedere e di capire. Considera la libertà e la gioia di vivere elementi irrinunciabili. Anni dopo commenterà: "Più che una famiglia i Savoia erano dei frigidaire".
Senza fortuna
La loro avventura di coppia sarà un fallimento. La vita di Maria José (che si spegnerà nel 2001) sarà da donna inquieta e discussa, moglie negletta, madre negligente, sempre con la sua spontaneità, la sua regale semplicità, libera di scegliere, libera di sbagliare. Lui, il "re di maggio", regnerà solo 36 giorni. La terra del suo esilio sarà il Portogallo, a Cascais, solo in faccia a quel mare che risuonerà nelle notti incessante come un lamento. La sua vita sarà fatta di nostalgie, rimpianti, malinconie. Le cronache parleranno di lui soprattutto come di un padre sfortunato. Quando morirà, nel 1983, qualcuno dirà: "é morto solo, come è sempre vissuto".

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