Una rassegna, come un film, tratta da un libro: "The Black Atlantic. L'identità nera tra modernità e doppia coscienza", opera dello storico Paul Gilroy (pubblicato in Italia da Meltemi Editore) è in corso alla Tate Liverpool ed è intitolata Afro Modern: Journay through the Black Atlantic
L'Atlantico è l'oceano che attraversavano le navi cariche di schiavi per condurli nel nuovo mondo. Una pratica assolutamente legale sancita con un trattato, l'Asiento stipulato dalla cattolicissima Spagna già nel 17esimo secolo con altri stati, un modello che consentì un commercio talmente fruttuoso che un paio di secoli dopo venne liberalizzato.
Nel libro e quindi nella mostra L' Atlantico Nero, non è solo questo, ma diventa il focus di una riflessione filosofica, letteraria e pratica attraverso la quale viene ricostruita la double consciuosness di molti autori, artisti e poeti che elaborarono una coscienza critica complessa, divisa tra le loro radici africane e la cultura occidentale del paese di cui erano ormai cittadini.
"L'Atlantico nero" riflette Gilroy diede avvio " a un sistema di interazioni e comunicazione storica, culturale, politica e linguistica che ebbe origine con la schiavitù stessa". Ma "la schiavitù non dovrebbe essere intesa come un fatto puramente economico. Essa ebbe profonde conseguenze in tutti i territori in cui fu presente. Nella sua evoluzione la schiavitù del nuovo mondo mescolò gruppi di persone in combinazioni complesse e imprevedibili". Gli schiavi di molte parti dell'Africa furono messi insieme e costretti a comunicare nelle lingue dei loro padroni. "l'Atlantico nero racchiude la storia del modo con cui essi presero possesso di tali linguaggi".
Mentre il libro richiede una lettura attenta, la mostra è assolutamente fruibile.
Partendo dal concetto gilroyano di Atlantico Nero inteso quindi come modello dal quale presero avvio le differenti forme di controcultura meticce moderne , la rassegna presenta innanzitutto gli autori che elaborarono le prime forme critiche di arte afroccidentale negli Usa: l'attivista e scrittore W.E.B. Dubois (1868-1963) e l'artista Aaron Douglas(1899-1979) figure emblematiche che permisero a una generazione di afroamericani di entrare in contatto con la loro cultura d'origine e non si stancarono di mettere in evidenza il contributo dei neri nella società. Artista prolifico Douglas realizzò il murales che si trova ancora oggi alla Fisk University la storica università afroamericana fondata nel 1866.
Condotta in maniera letteraria Afro Modern va a ritroso e mette in scena movimenti storici legati alle culture meticce: la negrophilia nata a Parigi all'inizio degli anni '20, che raccolse sotto la stessa egida Josephine Baker, Picasso e il Cubismo; l'avanguardia brasiliana con Oswald de Andrade(1890 -1954) e le opere splendida della pittrice Tarsilia do Amaral (1886 – 1973) signora della borghesia, come quasi tutti gli intellettuali brasiliani di allora, che non esitò a rivolgere la sua attenzione agli Operàrios e alla condizione del Pau Brasil; per giungere a Léopold Senghor e al Black Orpheus di Sartre. Un'ampia sezione è dedicata alla produzione artistica delle nuove generazioni di autori che attraverso i loro lavori portano avanti una profonda riflessione sulla diaspora africana: Uche Okeke, Magdalena Campos Pon, René Cox, Ellen Gallegher, Romare Bearden, solo per citarne alcuni.
Afro Modern: Journay through the Bkack Atlantic
Tate Liverpool
Fino al 25 aprile

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