Milano chiama Londra e New York. E' giovane, multiforme, internazionale e, soprattutto, no profit la nuova scena indipendente dell'arte milanese. Una galassia di luoghi autogestiti che prolifera e rivendica ampia autonomia dalle griglie del sistema tradizionale dell'arte. In genere si tratta di artisti e curatori che si sono ritagliati uno spazio indipendente dove potersi esprimere a pieno: così, creando dei sistemi autonomi, possono permettersi di azzardare di più. L'età media? Trent'anni.
E il clima, nella metropoli, sta cambiando. "Rispetto a due anni fa c'è più interesse, più voglia di confrontarsi, ma anche maggiori aspettative ed entusiasmo" rileva Luigi Presicce, artista e fondatore di Brown project, storico spazio indipendente nel quartiere di Porta Venezia.
Le formule sono molteplici: si va dai progetti collettivi più radicali a visite lampo negli atelier, al project-room museale, a residenze estive per artisti. Per tutti vale la scelta no profit. Un modo per puntare il dito sulla carenza di luoghi e progetti pubblici, soprattutto per gli esordienti, nella città che più di ogni altra, in Italia, annovera gallerie private.
Il nostro viaggio nella "scena indipendente"comincia da Lambrate.

Lucie Fontaine: come a Parigi
Sorto in via Conte Rosso 18, Lucie Fontaine è un progetto artistico collettivo di matrice concettuale che gioca sul citazionismo (il nome è la francesizzazione di Lucio Fontana), ma anche sulla parentela con il collettivo parigino Claire Fontaine di cui si definisce «sorella». Propone, innanzitutto, un radicale azzeramento dei ruoli. «Lucie Fontaine è artista, ma è anche curatore, organizzatore e così via – spiega Alice Tomaselli, 28 anni, fondatrice del progetto insieme con Nicola Trezzi, 29 -. Oggi siamo in tanti, ma siamo tutti impiegati dell'arte, e Lucie Fontaine è il nostro datore di lavoro: è emblematica l'opera intitolata Emplyee/Employer di LF». Come artista, ad esempio, Lucie è in mostra a New York . Come curatore si occupa dei cataloghi e dell'attività espositiva: ogni inaugurazione prevede al massimo cento inviti, ognuno fatto mano e pensato come opera d'arte. Lucie Fontaine parteciperà al Festival della scena indipendente che si terrà dal 14 al 16 maggio alla Tate Modern di Londra
Negli ultimi mesi, da una costola di Lucie è nato un nuovo progetto: da gennaio a marzo, infatti, l'attività dello spazio è stata gestita da un collettivo di giovani artisti, molti dei quali di Brera, che hanno scelto di operare sotto il nome di Motel Lucie Fontaine.

Peep-Hole: largo ai curatori
L'idea è venuta a Vincenzo de Bellis, 32 anni, Bruna Roccasalva, 35, e Anna Daneri, 43, tutti attivi come curatori rispettivamente a Museion di Bolzano, alla Gamec di Bergamo e alla Fondazione Ratti di Como. Poi è entrata nel gruppo Stefania Scarpini, 28 anni, comunicatrice. «Peep-Hole significa spioncino e indica la possibilità di un punto di vista molto ampio da un minuscolo foro - spiega de Bellis – ma indica anche una direzione precisa, dall'interno verso l'esterno". Peep-Hole suggerisce dunque uno sguardo sull'arte contemporanea, attraverso mostre, pubblicazioni, incontri. L'obiettivo? «Abbiamo voluto creare la project room di un museo, ma senza il museo, in una Milano che è tuttora priva di un museo d'arte contemporanea». C'è un gap in questa città, aggiunge Vincenzo: molte gallerie al top, molte mostre di artisti italiani, ma mancano le esposizioni dei giovani.
La prima istituzione a essere coinvolta è Museion di Bolzano, con l'esposizione Broken away from common standpoints di Alicja Kwade che si è aperta il 24 marzo scorso, nello spazio di Peep-Hole in via Panfilo Castaldi 33.
"In realtà – precisa de Bellis - l'attività è partita nell'autunno scorso quando ci siamo "fondati" come associazione culturale non profit: poi abbiamo chiamato a raccolta amici artisti e galleristi, chiedendo loro di donarci un'opera per diventare così membership". I 32 lavori regalati sono stati esposti al pubblico il 26 novembre scorso, in una mostra intitolata appunto Thanksgiving. Tra i donatori Stefano Arienti, Mario Airò, Liliana Moro, Lucie Fontaine, Vedovamazzei

Mars: artisti in network
Una ventina di metri quadri in un cortile della vecchia Milano, in via Guinizelli 6: è la base operativa di Mars (Milan art run space). Il progetto fondato da una comunità di artisti il 3 dicembre 2008, ha una mission precisa: creare un network trasversale e partecipativo (ad esempio Mars era presente al MiArt) per fare mostre e sostenere l'esordio dei giovani, senza le mediazioni tradizionali. Una quarantina gli artisti coinvolti: il più giovane ha 23 anni, il più anziano 45. Età media, 32 anni. La struttura prevede un direttore, un logista e un comitato scientifico che seleziona i lavori degli aspiranti espositori: le mostre durano una settimana, con l'inaugurazione il mercoledì e visite su appuntamento. «Mars è un fenomeno dinamico e non vuol essere alternativa al sistema – spiega Lorenza Boisi, artista, direttore e donatrice della sede – La promozione delle mostre avviene attarverso canali tradizionali come Undo.net e Exibart. Quanto alla selezione, non c'è una scelta di criterio estetico. Ci interessano la qualità e una pratica onesta». La novità, a partire da giugno, è una nuova sede sul Lago d'Orta sponsorizzata dall'imprenditore Andrea Ruschetti (Farotoys). Aprirà con una mostra di Patrick Tuttofuoco, Luca Trevisani (che è anche il curatore) Sergio Breviario, Paolo Gonzato, Stefano Mandracchia e il coreano T-Yong Chung. E a luglio prenderà il via la residenza di Mars: due artisti all'anno potranno lavorare gratis per un mese e saranno sostenuti da imprese locali per i loro lavori.

Short Visit in atelier
Short visit (breve visita), è un progetto creato da due giovani curatori, Paola Gallio e Davide Tomaiuolo, come prosecuzione nomade della rassegna di mostre intitolata Short Show e realizzata due anni fa alla Fabbrica del Vapore. "L'esperienza – spiega Gallio - si è chiusa nella sua prima parte con una mostra collettiva, New Season, No reason che ha ospitato tutti i protagonisti dei 10 appuntamenti. Oggi, mantenendo lo stesso formato vorremmo lavorare in maniera dinamica sul territorio urbano". E così, non avendo più uno spazio a disposizione, Short Visit va nel luogo in cui l'artista produce, ossia il suo atelier, presentando progetti site specific.
La visita più recente è quella nell'atelier di Giovanni De Francesco. Il sito internet è la sede virtuale del progetto.

Brown project space
Con la sua sede in via Eustachi 3, Brown è uno spazio storico della scena indipendente. Rigorosamente non profit, è stato fondato due anni e mezzo fa dagli artisti Luigi Presicce e Luca Francesconi, rispettivamente 34 e 31 anni, e da Valentina Suma, 27 anni, che si occupa di comunicazione d'arte. Brown si definisce come un'esperienza libera da regole di mercato: uno spazio progettuale che si autofinanzia producendo multipli d'artista. "E nato in un momento particolare per il sistema dell'arte - dice Luigi Presicce - in cui le gallerie non possono più essere solo spazi commerciali e il concetto di mostra è diventato qualcosa di molto aleatorio. Brown vuole stimolare questo dibattito".
Spiritualità, metafisica, arte popolare e alchimia, sono i luoghi in cui si muove Brown come brand curatoriale. Tra le attività principali, doppie mostre personali (un italiano e uno straniero, nelle due stanze a disposizione), che hanno coinvolto artisti come Jacopo Miliani e Richard Clements, Davide Savorani e Timothy Hull, tutti alle primissime esperienze espositive. Un altro filone è lo Studio visit: per una sera lo spazio viene concesso a un artista per discutere col pubblico di una sua opera o di un suo progetto in fieri. Come luogo di discussione, Brown ha ospitato New Italian Epic, un concept ideato da Andrea Bruciati per l'uscita del libro Soft Cell.

Le Dictateur
Lo dice il nome stesso: qui vige una libertò assoluta, quella del «dittatore». Nato come esperienza editoriale, nel 2004, Le dictateur è stato fondato da Federico Pepe e dal fotografo Pier Paolo Ferrari, entrambi trentenni. Poi è arrivato il luogo fisico, una cinquantina di metri quadrati in via Nino Bixio 47, in un-ex lavasecco con due vetrine che si affacciano sulla strada. «Non si tratta di una galleria – dice Pepe – ma di uno spazio non profit dove c'è una totale libertà di programmazione». "Ho inventato questa formula – tiene a precisare – per fare qualcosa di creativo in libertà: i dittatori decidono infatti cosa e quando fare". Ogni artista, a sua volta, può diventare "dittatore", portando i suoi lavori all'interno dello spazio. Tra gli artisti coinvolti, Corrado Levi e Tuttofuoco: la mostra, curata da Marco Tagliaferro, si è aperta lo scorso febbraio.
Le Dictateur, come Lucie Fontaine e Peep-Hole, parteciperà al festival della scena indipendente dal 14 al 16 maggio alla Tate Modern di Londra. http://www.viewlondon.co.uk/whatson/no-soul-for-sale-at-tate-modern-article-9446.html

silvia.sperandio@ilsole24ore.com

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