Il voto elettronico permette di guadagnare velocità, ma espone a rischi nuovi: chi scrive il codice detiene un potere improprio su uno dei più delicati e fondamentali processi in cui si esplica la democrazia. Questione ancora più controversa se a sviluppare tale tecnologia è un'impresa privata. Se ne discusse ampiamente quando vennero testati i primi sistemi. Nel 2005 Ben Rubin, per la mostra "Making things public" allo Zkm di Karlsruhe (Germania), allestì Dark Source , in cui riproponeva il codice dell'AccuVote-TST, il software introdotto allora in alcuni Stati degli Usa: il codice era stato stampato, quindi polemicamente cancellato, nel rispetto della legge sul copyright.
La correttezza del voto acquista una nuova pregnanza oggi per questioni politicamente meno rilevanti: molti siti aperti ai contributi degli utenti (come Digg digg.com) si avvalgono di meccanismi di preferenze per far emergere i contenuti più interessanti. Tali dispositivi si prestano a essere aggirati grazie a bots che simulano l'azione umana, votando ripetutamente e in maniera automatica un particolare contributo a danno degli altri. Il sito musicale The Sixtyone rilancia il problema e cerca un programmatore che progetti un software in grado di distinguere tra azione umana e azione automatica (vedi sotto "jobs").

c.somajni@ilsole24ore.com

 

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