Attenzione: il presente servizio giornalistico non nuoce gravemente alla salute. Con i tempi che corrono, le campagne mediatiche sempre più pressanti (e talvolta scioccanti) per prevenire il vizio del fumo tra i più giovani, meglio mettere subito le cose in chiaro. Il concetto che intendiamo qui esprimere potrebbe infatti risultare facilmente equivocabile: quando si accostano ambiti più o meno «sacri» del vivere civile, come la politica o la cultura, alla passione per il tabacco.
Eppure è proprio così che stanno le cose, soprattutto quando si dirotta il discorso dalle «viziose» sigarette al rituale sigaro. Vi serve una prova? Le Manifatture del Sigaro Toscano, società del gruppo Maccaferri, lanciano in questi giorni il «Modigliani», un nuovo prodotto che ripropone filologicamente i leggendari sigari «stortignaccoli» che
Amedeo Modigliani fumava già dagli anni livornesi. Un progetto che porta con sé anche una significativa operazione di mecenatismo, perché la stessa azienda conferma il proprio sostegno a «Casa Modigliani», la nuova sede degli archivi legali dell’artista (oltre seimila fra disegni, documenti, lettere e fotografie) trasferiti in Italia nel 2005 da Parigi. E poi diciamocelo: collegare il prodotto sigaro all’immagine di un personaggio celebre che in passato ne fu consumatore funziona eccome.

Già da qualche anno sugli scaffali dei tabaccai è riconoscibile il volto di
Mario Soldati, uomo di lettere, teatro e cinema tra i più attivi del Novecento ma anche grande fumatore. Fu lui, cui non mancavano amicizie influenti, a suggerire prima di tutti per la produzione dei Toscani l’utilizzo dei tabacchi Kentucky coltivati in Campania, gli stessi che oggi danno corpo ai sigari Soldati esplicitamente dedicati all’intellettuale torinese. Padre di tutte le serie dedicate è comunque il Garibaldi, in produzione dal 1982: qui il riferimento è a
Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei Due Mondi che, secondo le cronache, tra una battaglia risorgimentale e l’altra non disdegnava di accompagnarsi con uno stortignaccolo.

Se è vero che il Toscano è il sigaro più antico al mondo, altrettanto antico è il suo rapporto con le celebrità. In ambito musicale suoi grandi estimatori furono per esempio i padri del melodramma
Giacomo Puccini e
Pietro Mascagni, nonché il virtuoso del pianoforte
Ferrucio Busoni. Neanche a dirlo, toscani tutti e tre. In tempi più recenti, non è raro vedere alle prese con il caratteristico sigaro il cantautore
Paolo Conte. In letteratura, estimatore del Toscano fu il fiorentino
Vasco Pratolini che, non a caso, ne «Le ragazze di Sanfrediano» canta le gesta erotiche di alcune spregiudicate sigaraie d’Oltrarno. Illustre estimatore fu
Gianni Brera, romanziere e padre del giornalismo sportivo che ricorreva ai sigari se non aveva tempo o spazio per preparare la sua celebre pipa.

Quando si parla di cinema, i riferimenti più immediati riguardano l’icona della «Dolce vita»
Marcello Mastroianni e il principe Antonio De Curtis da Bisanzio, in arte
Totò. Ma è assai romantica la passione di
Clint Eastwood che, stando agli aneddoti, conobbe il sigaro all’italiana sul set di «Per un pugno di dollari», primo western all’italiana da lui interpretato. E apprezzò così tanto da fumarlo durante le riprese.

In politica, il Toscano è un attributo perfettamente bipartisan: a destra lo fuma
Cesare Previti ma anche il «Senatùr»
Umberto Bossi; al centro chissà quante volte avrete ammirato i cerchi di fumo prodotti dall’ex presidente della Camera
Pier Ferdinando Casini e quelli del filosofo sturziano
Rocco Buttiglione; a sinistra la lista degli aficionados è assai ampia e tale da spaziare dal segretario del Pd
Pierluigi Bersani a quello di Rifondazione comunista
Paolo Ferrero, ancora all’ex inquilino numero uno di Montecitorio Fausto Bertinotti.
Antonio Di Pietro lo ha sfoggiato per scherzo, con tanto di coppola a corredo, durante una clamorosa protesta antigovernativa. Celeberrima, poi, la foto d’epoca che immortala un giovanissimo
Massimo D’Alema che, ai tempi della contestazione, insieme con il compagno
Fabio Mussi si concede una boccata. Certo, qualcuno subito dirà che
Whiston Churchill si concedeva solo i «puros» cubani di Alejandro Robaina, che
Fidel Castro e
Che Guevara preferivano i ben più costosi Montecristo o Cohiba ma… a ciascuno il suo. Noi siamo italiani. Parliamo e fumiamo toscano.
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