Schermo nero con scritta bianca schizzata da gocce e rigagnoli di sangue. Carancho inizia così, proprio per ricordare fin da subito che nell'ultimo film dell'argentino Pablo Trapero plasma ed emoglobina si sprecano. Il grand guignol dell'Argentina motorizzata prende la forma schiacciata ed accartocciata dell'incidente stradale. In principale modo dovuto ad incroci con stop e semafori non rispettati. Un'ecatombe sociale che diventa forma cinematografica invasiva, caricata in un tourbillon di crash poco cronenberghiani e zeppa di farabutti. Tanto che a fare il paio con il dato di cronaca della disattenzione e del pressapochismo al volante, c'è il dato della corruzione tra paramedici d'ambulanza, polizia e soprattutto avvocati. Il carancho di turno, l'avvocato avvoltoio Sosa (Ricardo Darin) si fionda addosso alle involontarie vittime di incidenti o addirittura ai parenti degli scomparsi. Sosa, poi, è perfino specializzato nell'investimento truccato del passante: prima spezza una gamba al complice, poi lo getta in mezzo alla strada mentre passa un auto a bassa velocità e infine, compiuto l'investimento, piomba sul luogo del misfatto prestandosi umilmente a raccogliere ossa rotte, guance tumefatte, nonché diritto di difesa assicurativa con il risultato di intascarsi cinque volte tanto la cifra che guadagnerà l'incidentato.Quando una sera Sosa incontra la bella dottoressa Lujan (Martina Gusman), che fa servizio di pronto soccorso in ambulanza, se ne innamora, ma non tarda a continuare nella truffa e a coinvolgere la ragazza nel giro di corruzione istituzionalizzata con tanto di finale gangsteristico e sanguinante. Trapero mette in scena la quotidianità degli incroci stradali mortali e del pronto soccorso notturno con virtuosismi stilistici accelerati degni delle migliori puntate di ER. La macchina da presa irrompe dentro al pronto soccorso filmando il dramma tra la vita e la morte dei feriti che arrivano sbattendo le porte in una serie di piani sequenza davvero invadibili per eccesso di realismo: l'incidente dell'amico di Sosa con la gamba spezzata e tutta l'intera sequenza finale di almeno cinque minuti con un paio di scontri mortali tra auto. Un cinema che potrebbe perfino risultare sensazionalista tanti e tali sono i momenti della mise en abime del rispetto per l'occhio dello spettatore: siringhe in vena, punti cuciti sulla pelle a freddo, tagli, sbreghi, ferite d'ogni genere che sembrano essere provocate per davvero. L'obiettivo della sensibilizzazione rispetto al tema toccato è raggiunto. L'idea che si stia inusitatamente gonfiando la sopportazione dello spettatore anche.

Davide Turrini
 

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