C'è stato un tempo in cui Milano aveva il primato indiscusso del capitalismo italiano. E la Edison ne era una delle bandiere più gloriose, insieme alle fabbriche Falck e agli stabilimenti Pirelli della Bicocca. Nei corridoi del palazzo della storica sede, in pieno centro cittadino, sono andati in scena pezzi importanti di storia italiana. Prima l'epoca di Giorgio Valerio, che con i fondi neri della società ha condizionato i giochi della politica. Poi quella di Eugenio Cefis e di Montedison, con le sue tentazioni autoritarie ancora tutte da ricostruire e raccontare. Fino alla tragedia in cui è finita la scalata al cielo del potere tentata da Raul Gardini. Ora Edison è di nuovo una società che produce solo energia, ma è anche tornata al centro di grandi manovre, ricominciate proprio nei giorni scorsi.
I protagonisti sono Edf, il colosso francese dell'energia che risulta l'azionista di maggior peso, e A2A, partecipata dai Comuni di Milano e Brescia, capofila di buona parte degli altri soci. L'obiettivo di A2A è molto chiaro: trasformare quella che considera una partecipazione finanziaria in attività industriali. Attualmente l'impegno della cordata italiana nel capitale di Edison è davvero significativo ma il ruolo risulta del tutto marginale perché, viene detto, le strategie aziendali sono dettate da Edf. La goccia, anzi il gocciolone, è stata la decisione di lanciare la campagna promozionale per conquistare quote di mercato importanti nelle forniture ai cittadini di elettricità e gas proprio in Lombardia, principale mercato di A2A. Ma altrettanto sgraditi, per esempio, risultano gli investimenti all'estero, ritenuti funzionali alle strategie di Edf e degli interessi francesi, più che della Edison.
Ecco perchè il vertice di A2A ha ormai maturato la convinzione che è arrivato il momento di separare le strade, ottenendo in cambio impianti produttivi e denaro contante, rendendo possibile così anche l'impegno in un polo dell'energia nucleare alternativo a quello Enel-Edf. Sul fronte francese suona una musica diversa. Certo la tentazione di chiudere la partita liquidando A2A c'è. Ma la strada da seguire, almeno in prima battuta, è verificare se risulta davvero impraticabile la strada di rilanciare la partnership arrivando alla fusione tra Edison e A2A. Il progetto industriale riguarda soltanto la parte energia di A2A ed è senz'altro valido, nel senso che nascerebbe una società di rilevanti dimensioni in grado di sfruttare al meglio le sinergie nella produzione e nello stoccaggio, quelle negli acquisti delle materie prime, la razionalizzazione degli investimenti.
Il problema, per quanto riguarda A2A, è che il pallino, al di là del peso delle partecipazioni nel capitale, resterebbe saldamente in mano ai francesi, certamente più compatti della compagine azionaria che ha come cardini i Comuni di Milano e Brescia. «Uno è il lupo, l'altro l'agnello» sintetizza uno dei protagonisti. Di conseguenza il pensiero di Giuliano Zuccoli, presidente del consiglio di gestione A2A, risulta ben riassunto in una battuta: «Meglio più piccoli ma padroni in casa propria». Resta da considerare quanto peserà la variabile, fondamentale, rappresentata dalle scelte del governo italiano. L'impressione è che non sia gradita una Edison interamente francese. Di qui la possibilità che, alla fine, entri in gioco una grande banca italiana a fare da garante, utile a sdoganare almeno parte della quota di A2A. E proprio Intesa Sanpaolo è il gruppo bancario più vicino al finanziere Romain Zaleski, a cui fa capo il 10% di Edison.
fabio.tamburini@ilsole24ore.com

 

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