Il ventaglio dei mezzi di tutela per il cittadino nelle liti civili e amministrative si fa sempre più ampio, ma è ancora lunga la strada per migliorare la resa effettiva del "servizio giustizia". Sono molte anzitutto le norme recenti che introducono nuovi rimedi giurisdizionali e non giurisdizionali. Nel campo delle liti tra privati sono entrati ormai nella fase operativa almeno due istituti: la cosiddetta "class action" e la mediazione civile.

La prima agevola l'aggregazione di gruppi più o meno estesi di privati che hanno subito danni anche di modesta entità (small claims) nei rapporti soprattutto con le grandi imprese, istituti bancari e finanziari e gestori dei servizi pubblici. L'azione collettiva è stata introdotta imitando i modelli anglosassoni dove funge da spauracchio che spesso però si conclude con laute parcelle per gli avvocati e rimborsi risibili per gli interessati. In Italia, le prime cause sono già state proposte, ma la procedura è una vera e propria corsa a ostacoli. Il primo è costituito da un "filtro" (giudizio di ammissibilità) già alla prima udienza che potrebbe far morire sul nascere molte cause.

La mediazione civile, inserita lo scorso anno nell'ambito della riforma del processo civile, tende invece a risolvere, almeno in parte, un problema annoso: l'eccessivo carico del contenzioso giudiziario, che rende biblici i tempi delle sentenze e ne compromette spesso la qualità.

Le nuove norme sono entrate in vigore da poco. La mediazione civile incentiva la soluzione "bonaria" delle liti, cioè secondo una valutazione sostanziale (e di buon senso) della situazione concreta e degli interessi. Questo servizio è affidato a organismi autorizzati e vigilati dal ministero della Giustizia. Il procedimento, che deve concludersi in quattro mesi, diventerà obbligatorio in molte materie (liti condominiali, responsabilità civile per danni da circolazione di veicoli ecc.). Condizionerà la possibilità di proporre una controversia davanti al giudice competente. Ma anche il giudice, nel corso della causa, potrà invitare le parti ad attivare la mediazione. Gli avvocati sono tenuti a informare per iscritto i propri clienti di questa possibilità.

Questa riforma ha già suscitato polemiche e un'opposizione ferma degli avvocati. In realtà, perché possa decollare, la mediazione civile richiede un salto di qualità: dalla cultura della lite all'ultimo sangue, brandendo la spada del buon diritto, a quella del "calumet della pace" secondo equità e anche a costo di qualche parziale riununcia.

Anche sul versante delle liti amministrative si registrano novità. Anzitutto è stata introdotta una speciale "class action" contro la Pa e i concessionari di servizi pubblici. Questa azione non consente però di richiedere il risarcimento dei danni, ma solo il rispetto di standard di qualità dei servizi e prestazioni e l'emanazione di atti generali (come i piani e i programmi). Anche qui si tratta di uno strumento accolto con scetticismo da molti addetti ai lavori.

Vi è poi il campo della responsabilità dei danni da emanazione di provvedimenti illegittimi, ammessa ormai da un decennio, ma che ancora deve trovare un affinamento nella giurisprudenza e nelle norme. Il codice del processo amministrativo sarebbe la sede giusta per trovare soluzioni adeguate che salvaguardino le pretese dei cittadini senza penalizzare troppo le amministrazioni.

In definitiva, la situazione è in evoluzione. Si aprono nuovi "mercati", a favore di nuove figure professionali (i mediatori) e delle associazioni dei consumatori. Si tenta di alleggerire il carico dei tribunali. Si cerca di responsabilizzare la Pa. Ma il buon esito di questo attivismo legislativo è ancora tutto da verificare. Il "servizio giustizia" necessita, più che di nuove norme sui riti, di interventi organizzativi che promuovano l'efficienza.

 

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