Nell'ultimo mese Il Sole 24 Ore ha proposto alcune importanti analisi sull'economia italiana e sulle sue prospettive nel prossimo futuro, facendo nascere e alimentando un prezioso dibattito, cui ha preso parte anche Confindustria, e al quale vorrei contribuire.
I dati suggeriscono che il paese ha perso quasi 6,5 punti percentuali di Pil in due anni, una dimensione ragguardevole. Ora i numeri hanno cominciato a volgere in positivo, però i tassi di crescita non forniscono un'indicazione effettiva dell'andamento dell'economia rispetto alla situazione di prima della crisi. Per questo possiamo ad esempio guardare al livello degli indicatori della produzione industriale, che ci dicono che l'indice in febbraio si è attestato a 85,6, mentre era a oltre 106 nel 2008. Il problema è dunque il ritmo con cui si riuscirà a tornare ai livelli pre-crisi: se questo non sarà sufficientemente sostenuto, il "reintegro" nel circuito economico delle risorse che ne sono uscite (inclusi i disoccupati, i lavoratori in cassa integrazione e le imprese in gravi difficoltà) sarà problematico e doloroso. Dunque, il dibattito è importante perché è necessario definire una strategia per il rilancio.
Credo che ci siano due domande chiave: di cosa hanno bisogno le realtà più virtuose del nostro sistema produttivo per essere competitive e per rilanciare capacità che paiono sopite? Di che cosa c'è bisogno in termini di disegno istituzionale perché vi siano incentivi adeguati allo sviluppo imprenditoriale?
Per rispondere bisogna interrogarsi sul posizionamento competitivo di un sistema paese che, nel complesso, continua a caratterizzarsi per il primato nei settori tradizionali. Questo primato viene però parzialmente eroso per fattori di competitività internazionale; e anche lo spostamento dei produttori nazionali su fasce di gamma elevata, a cui abbiamo assistito, può determinare una riduzione delle quote di mercato e delle quantità di beni prodotte.
N el contempo, l'assenza dai settori più dinamici e sofisticati limita la velocità della ripresa e le prospettive di crescita nel futuro.
Una buona notizia c'è: le recenti "traiettorie tecnologiche" hanno la caratteristica di premiare la capacità di adattarne gli utilizzi ai diversi ambiti, più che di generare in sé la tecnologia. Non dobbiamo dimenticare che abbiamo grandi punte di eccellenza anche in settori nominalmente tradizionali, che in realtà hanno presentato grandi attività d'innovazione - nei materiali, nell'utilizzo delle risorse, nel design, nello sviluppo di nuove funzionalità. L'imprenditoria italiana continua a dimostrare una notevole, a volte straordinaria, capacità di competere sui mercati internazionali.
In questo ambito di luci e ombre, credo ci sia un tema rilevante per il rilancio della crescita che richiede un'attenzione particolare. È necessaria una riflessione coraggiosa sul ruolo, d'indirizzo e d'intervento, che può venire da una collaborazione forte tra settore pubblico e privato. In Italia e in Europa la politica verso le imprese è stata improntata negli ultimi anni all'obiettivo di disegnare un set minimale di regole in cui poi le forze di mercato agissero. Questo approccio resta valido - l'efficace funzionamento del mercato rimane indubbiamente il modo migliore di stimolare lo sviluppo economico (e in Italia, com'è noto, molti passi in questa direzione sono ancora da compiere). Ma non è più sufficiente.
La promozione dell'eccellenza impone di ripensare al rapporto tra operatore pubblico e imprese come strumento per il rilancio dell'economia: un'efficace interazione tra imprese e settore pubblico è una condizione essenziale per promuovere un balzo del sistema paese e una ripresa della crescita economica. Questa nuova collaborazione deve portare all'identificazione delle aree di eccellenza da promuovere e delle linee prioritarie d'intervento, naturalmente lasciando poi spazio al funzionamento del mercato. Si richiede dunque un lavoro di analisi, di mappatura delle filiere produttive presenti nel nostro paese per capirne punti di forza e di debolezza. Sulla base di questa analisi sarà possibile identificare direttrici di sviluppo, che insistano su filiere presidiate da imprese eccellenti e che sono potenziali utilizzatrici di nuove tecnologie.
In questo campo ci sono esperienze di successo: si può ad esempio ricordare la Baviera, che all'inizio degli anni 90 ha intrapreso un percorso di potenziamento di alcune importanti tecnologie di base (nuovi materiali, biotecnologie, nanotecnologie) promuovendo nel contempo il trasferimento delle competenze acquisite in questi campi dall'accademia all'industria, stimolando la nascita di nuove imprese e sostenendone la crescita e l'internazionalizzazione. Oggi la regione raccoglie i frutti per questa riuscita partnership pubblico-privata. Per mettere in moto questi circoli virtuosi occorre coinvolgere le imprese migliori, i leader della filiera, perché svolgano un effetto traino. Questi interventi dovrebbero quindi rafforzare e consolidare le nostre punte d'eccellenza, quelle con un maggiore potenziale di crescita, e contemporaneamente stimolare possibili nuovi attori e sviluppi. Il settore pubblico può quindi collaborare con il settore privato nello svolgere questo importante ruolo d'indirizzo e di facilitazione, anche a fronte di risorse tutto sommato contenute. Ciò richiede la razionalizzazione degli strumenti esistenti e un approccio selettivo volto a favorire merito ed eccellenza.
La banca deve mettersi a disposizione di questo progetto, con logica aziendale, come soggetto di mercato, condividendo però questa visione di lungo periodo; dobbiamo dunque porci l'obiettivo di svolgere un ruolo nel rafforzamento dei settori e delle filiere d'eccellenza e nel supporto delle imprese migliori e con maggiore potenziale. Per assumere tale ruolo dobbiamo sviluppare al nostro interno capacità che non sempre abbiamo promosso a sufficienza: valutare con attenzione gli investimenti intangibili, come la ricerca e l'innovazione. Dobbiamo promuovere la finanza di progetto e quella straordinaria, per assecondare i piani delle imprese, in particolare quando perseguono sviluppi importanti. In questo ruolo, dobbiamo porci anche come interlocutore privilegiato delle politiche pubbliche verso il privato.
Anche in questo campo vi sono alcuni esempi virtuosi a cui possiamo rifarci, come il Fondo di garanzia, o molti programmi di finanziamento pubblico, che sono intermediati dalle banche. Ma questa attività va rafforzata introducendo dei meccanismi che consentano più agevolmente di valutare se i percorsi intrapresi siano giusti. Il nuovo Fondo italiano d'investimento promosso dal ministero del Tesoro, può essere uno strumento valido, un esempio appunto di come risorse pubbliche e private possano essere utilizzate congiuntamente sulla base di criteri selettivi per rafforzare il sistema delle imprese.
Per rilanciare con successo il sistema Italia sono quindi essenziali una strategia unitaria, la focalizzazione delle risorse e la consapevolezza degli obiettivi da perseguire. Ben venga dunque il dibattito se favorisce questa consapevolezza e noi stessi ci faremo promotori affinché queste tematiche ricevano la dovuta attenzione.
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