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Berlino e i compromessi al rialzo

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio 2010 alle ore 08:14.

La sconfitta della Cdu di Angela Merkel alle elezioni per il rinnovo del parlamento del Nord Reno-Westfalia riporta il panorama politico tedesco su un piano di "normalità". Era stata infatti eccezionale la sua vittoria alle precedenti elezioni del 2005, così come era stata "storica" la sconfitta della Spd alle elezioni politiche dell'anno scorso. Ora l'Spd ha recuperato un po' di fiato pur rimanendo ancora molto al di sotto delle sue tradizionali performance in questa che era la regione industriale e socialista per eccellenza.
Con queste elezioni il sistema-partito tedesco sembra avviato a un ridimensionamento di entrambi i maggiori partiti a favore delle tre formazioni minori (liberali, verdi, sinistra radicale) destinate a contendersi sia l'elettorato volatile che la palma del king-maker. I verdi, in particolare, sempre più deideologizzati e sempre meno condizionati dalla corrente dei Fundis, gli ecologisti duri e puri con punte di radicalismo, non disdegnano nemmeno l'ipotesi di allearsi, in determinate circostanze, con la Cdu. Non va dimenticato infatti che il partito di Angela Merkel, nonostante la centralizzazione avviata negli anni 70 proprio da Helmut Kohl per reggere lo shock del passaggio all'opposizione, rimane un partito federale, con un alto tasso di autonomia regionale e con profili di leadership spesso molto diversi da Land a Land e tra livello locale e livello nazionale. Già nel passato i verdi avevano collaborato con la Cdu e, recentemente, nel 2008 sono entrati nel governo del Land di Amburgo con i cristiano democratici, e nel novembre dell'anno scorso in quello della Saar insieme a liberali e Cdu nella cosiddetta coalizione "Giamaica" (dai colori dei tre partiti, uguali alla bandiera del paese caraibico).
Ma dando per scontato che, sulla base di una antica sintonia e di precisi accordi pre-elettorali, nel Nord Reno-Westfalia si arrivi al governo rosso-verde, questo significa che nella camera alta, il Bundesrat, prevarrà una maggioranza contraria alla coalizione Cdu-Fdp che governa il paese grazie al controllo della camera bassa, il Bundestag, che è l'unica intitolata a dare, o togliere, la fiducia al cancelliere. Il governo Merkel non può quindi essere disarcionato. Non solo. Anche la sua azione politica, contrariamente ai timori espressi da molti commentatori, non ha molto da temere dalla situazione che si è creata. La costituzione prevede infatti che in caso di maggioranze diverse, sulle materie nelle quali è vincolante il voto del Bundesrat - e sono ben specificate -, intervenga il "comitato di conciliazione" composto da 16 membri dell'una e dell'altra camera, scelti in proporzione alla forza dei partiti rappresentati nelle due assemblee. Il comitato si mette in azione quando si verifica uno stallo nel processo legislativo. E nel 90% dei casi le sue proposte vengono infine accettate.

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Tags Correlati: Angela Merkel | Camera dei deputati | Cristiano Democratici Uniti | Germania | Helmut Kohl | Konrad Adenauer | Manfred Schmidt | Partiti politici | Sozialdemokratische Partei Deutschlands

 

Affinché si realizzi questo miracolo è necessaria una predisposizione al compromesso, una cultura permeata di rispetto delle posizioni dell'avversario e di forte senso delle istituzioni. Non per nulla l'autorevole politologo Manfred Schmidt definisce la Germania il paese della "grande coalizione" perché lo spirito cooperativo tra tutti i partiti tende a prevalere sulle distinzioni partigiane. Senza questo atteggiamento di fondo non sarebbe stato possibile governare la Germania che ha vissuto per lunghissimo tempo con maggioranze diverse tra le due camere sin nei tempi di Konrad Adenauer. Questa modalità di funzionamento sarebbe impensabile nella litigiosa politica italiana. È per mancanza di una cultura orientata all'accordo piuttosto che alla divisione che i governissimi o l'invocazione di governi di unità nazionale non possono funzionare. Prima devono cambiare, e per davvero, le predisposizioni delle élite.

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