Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2010 alle ore 08:04.
L'ultima modifica è del 19 maggio 2010 alle ore 17:44.
Un paese come l'Italia, che doveva importare gran parte del carbone necessario per alimentare la forza motrice delle fabbriche, altrimenti limitata a quella derivante a intermittenza, secondo le stagioni, delle cadute d'acqua di fiumi e torrenti, non avrebbe potuto dar vita a un'industrializzazione diffusa qualora non fosse giunto in suo soccorso l'utilizzo su ampia scala dell'energia elettrica.
Fin dal gennaio 1884 era stata fondata a Milano la Edison, dopo che il suo promotore, Giuseppe Colombo (docente di meccanica industriale al Politecnico), aveva compiuto un viaggio negli Stati Uniti per incontrarvi Thomas Edison e acquisire il materiale occorrente dall'omonima società creata dall'inventore americano per la diffusone dei suoi brevetti.
Ma per parecchio tempo l'impianto installato nel vecchio teatro di Santa Radegonda, che era divenuta la prima centrale elettrica costruita in Europa, s'era occupato soltanto dell'illuminazione di piazza del Duomo e delle aree adiacenti. Finché nel 1889 era stato messo in cantiere un progetto per sfruttare le forze idrauliche dalle rapide dell'Adda a Paderno.
Colombo era anche un uomo politico di parte liberal-moderata, tanto che nel febbraio 1891 divenne ministro delle Finanze del governo di Rudinì. Ma aveva continuato a tener d'occhio quanto si faceva alla Edison, convinto – come diceva – che «la prosperità industriale di un popolo» fosse «al pari della libertà, uno dei primi elementi della sua indipendenza».
A sua volta la Società Anglo-Romana per l'illuminazione della capitale, lavorando a un progetto per l'utilizzo delle cascate di Tivoli, era riuscita nel 1892 a realizzare un'iniziativa pilota con la prima linea di trasporto in Italia dell'energia elettrica a corrente alternata per usi industriali.
Nel 1898 l'Edison tenne a battesimo a sua volta un impianto assolutamente d'avanguardia come quello di Paderno, non solo per l'elevata tensione ma anche per la costruzione di una linea di quasi 33 chilometri tale da assecondare il decollo industriale dell'area milanese.
A quell'epoca esistevano in Italia oltre una ventina di imprese attive nel settore elettrico e tanti erano coloro che ne avevano sottoscritto le azioni fra banchieri, industriali di altri comparti e proprietari fondiari. Anche al Sud aveva preso avvio una grossa compagnia come la Società Meridionale di Elettricità, sorta a Napoli nel 1899 e affidata da un gruppo di azionisti ginevrini alla guida di Maurizio Capuano, che non era un ingegnere, ma un avvocato in ottimi rapporti con gli ambienti economici.