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Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2010 alle ore 12:17.
Uomo dai mille volti e dalla storia straordinaria. Amedeo Guillet, il Comandante Diavolo, è stato militare, agente segreto, ambasciatore e molte altre cose. Nato a Piacenza il 7 febbraio 1909 da una nobile famiglia piemontese e capuana, il barone Guillet frequentò l'Accademia militare di Modena, da cui uscì – nel 1931 - con i gradi di sottotenente di Cavalleria del Regio Esercito Italiano. Essendo stato fra i primi ufficiali della cavalleria italiana ad applicare il metodo di equitazione naturale del capitano Federico Caprilli fu incluso tra i quattro cavalieri che avrebbero costituito la squadra italiana di equitazione per le Olimpiadi di Berlino del 1936.
Alle Olimpiadi, però, Guillet non arrivò mai. La campagna di Abissinia, infatti, lo costrinse a partire per il fronte. Nell'ottobre del 1935 partecipa alle prime azioni della guerra di Etiopia e il 24 dicembre dello stesso anno viene ferito gravemente alla mano sinistra durante la battaglia di Selaclaclà. Al termine delle ostilità, il 5 maggio del 1936, venne decorato a Tripoli dal Maresciallo d'Italia Italo Balbo per il suo esemplare e coraggioso comportamento in combattimento. Nell'agosto del 1937 è di nuovo sul fronte, stavolta nella guerra civile spagnola contro le forze democratiche legittimamente elette. Dopo un breve periodo di convalescenza in Italia, venne trasferito in Libia al comando del VII squadrone Savari. Poco prima dell'ingresso dell'Italia nella Seconda Guerra Mondiale, Guillet venne inviato in Eritrea e nominato Comandante del Gruppo Bande Amhara, primo esempio di unità militare multinazionale, forte di 1700 uomini di origine etiope, eritrea e yemenita inquadrati da Ufficiali italiani.
L'armistizio dell'8 settembre lo colse di sorpresa a Roma. Attraversò prontamente e rocambolescamente la linea Gustav e giunse a Brindisi, dove si mise a disposizione del Re. Continuò ad operare nel Servizio Informazioni del ricostituito Esercito Italiano per poi svolgere, dal 25 aprile 1945, l'incarico di agente segreto. Fu proprio in tale veste che riuscì a recuperare la corona imperiale del Negus d'Etiopia, sottraendola furtivamente alla Brigata partigiana "Garibaldi" che, a sua volta, l'aveva confiscata alla Repubblica di Salò. La corona fu poi restituita al Negus e rappresentò il primo tangibile segnale di riappacificazione tra Italia ed Etiopia. Alla fine delle ostilità, dopo la sconfitta della monarchia e la vittoria della Repubblica nel Referendum del 1946, Guillet fedele al proprio giuramento di militare verso la Corona dei Savoia, rassegnò le proprie dimissioni dall'Esercito Italiano.