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Commenti e Inchieste

Federalismo è molto meglio di benaltrismo

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2010 alle ore 09:03.
L'ultima modifica è del 29 giugno 2010 alle ore 09:04.

Avanti o indietro? La partita sul federalismo fiscale entra nella carne viva del confronto politico. Con le prime indicazioni sui costi standard (la nuova bussola che servirà per indicare le dotazioni delle spese locali, sostituendo lo sciagurato criterio dei costi storici) e i prossimi decreti attuativi si esce dalla stagione delle parole e si passa ai fatti.
Ci si arriva, questo è il punto, nel modo peggiore. Non soffia in generale il vento di una buona riforma condivisa tra maggioranza e opposizione, come pure il varo della legge quadro nel 2009 (il Pd vi aveva concorso attivamente) aveva lasciato sperare.

La maggioranza appare in grave affanno e divisa al suo interno, ben oltre i distinguo del presidente della Camera Gianfranco Fini (che vede a rischio la coesione nazionale) e dei parlamentari che a lui fanno capo. Il caso Brancher, oltre a denunciare seri problemi nel rapporto tra Pdl e Lega, è stato uno spettacolo pietoso, da governo che annaspa a fine legislatura nonostante si sia solo a metà percorso avendo incassato solo tre mesi fa una nuova vittoria alle elezioni regionali.

Infine, siamo nel pieno del dibattito parlamentare sulla manovra per riportare sotto controllo i conti pubblici: i previsti tagli a regioni ed enti locali hanno alzato il livello dello scontro tra centro e periferia, tra governo, governatori (in prima fila quelli del centro-destra) e sindaci, il che non agevola certo questa fase di passaggio decisiva sul piano fiscale e istituzionale.

Come non bastasse un quadro politico sfilacciato e ricolmo di tensioni, ecco rifarsi sotto il "partito del dubbio". Si ripropone la domanda: ma a che serve il federalismo fiscale? Risposta: costa troppo, inutile parlarne oggi. Meglio rinviare che moltiplicare i costi e le competenze, già confuse. Il Sud, pur afflitto da un divario nei confronti del Nord che data dall'Unità d'Italia, sospetta una truffa storica. Crescono le voci dissenzienti contro la Lega-pigliatutto, si fa largo, trasversalmente agli schieramenti politici, l'idea che occorre "ben altro" e che il Mezzogiorno è tagliato fuori. Risanare sì, ma...

Le incognite non mancano e il governo, con la sua "rivoluzione liberale" inceppata da troppo tempo e le sue indecisioni, ha contribuito a rendere meno credibile la strada verso il federalismo fiscale. Che se mal attuato, o attuato con formule compromissorie tali da svuotarne il significato, può effettivamente moltiplicare i costi invece che diminuirli, mandando in default l'intero sistema.

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Tags Correlati: Gianfranco Fini | Lega | Pd | PDL | Sud

 

Ma stare fermi può essere una soluzione? No, se si considera l'attuale livello di pressione fiscale, la conflittualità permanente tra centro e periferia che blocca ogni iniziativa di rilievo, le voragini di spesa pubblica inefficiente (è il caso delle regioni del Sud, in particolare sul fronte della sanità) che si aprono sotto i piedi dei cittadini. Quello attuale è un modello di irresponsabilità fiscale e sociale che sta affondando il paese e in particolare il Sud, povero di infrastrutture e dove imperano lavoro nero ed evasione fiscale a dispetto degli enormi trasferimenti di risorse che sono state qui convogliate nel corso di decenni.
Più che temere il federalismo che verrà, il Mezzogiorno e i suoi amministratori dovrebbero impegnarsi a ribaltare la situazione attuale. È questa il killer che li sta stritolando.

guido.gentili@ilsole24ore.com

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