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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2010 alle ore 08:13.
L'ultima modifica è del 30 giugno 2010 alle ore 08:04.
Il pezzo di Roberto Perotti sul Sole del 17 giugno dal titolo «Lo spettro del debito spaventa i mercati» mi ha fatto tornare in mente il compianto Franco Modigliani, e il teorema che porta il suo nome (e quello di Merton Miller). In soldoni: il valore di un' impresa aumenta al valore del suo indebitamento, fino al limite del... dissesto. Modigliani e Miller non ci hanno purtroppo tramandato una formula per calcolare quando il dissesto sta per essere raggiunto.
Il buon senso ci suggerisce: quando l'impresa non è più in grado, attraverso i flussi di cassa generati, di rimborsare i debiti. A un esame più approfondito risultano chiare le due motivazioni del teorema: da un lato grazie al debito l'impresa può fare o anticipare investimenti che con mezzi propri non potrebbe effettuare, accelerandone la crescita, dall'altro il costo degli interessi, essendo deducibile dal reddito, viene in parte sostenuto dallo stato. Entrambi i fattori ne aumentano il valore.
Il teorema si applica anche agli stati? Sì, in parte. Non pagando (ma incassando) imposte, lo stato non può dedurre il costo degli interessi. Solo l'altra parte è applicabile: grazie al debito lo stato può anticipare investimenti che, se produttivi, generano sia una immediata (per l'investimento in sé) che una differita (per l'indiretto effetto sulle imprese) crescita o maggior crescita del Pil.
Essendo gli stati grandi e forti, finora l'ipotesi del dissesto è sembrata improbabile. Ma se guardiamo ai conti pubblici di molti paesi nell'ultimo decennio, scopriamo che il loro debito si è progressivamente avvicinato al Pil; se poi aggiungiamo il debito di famiglie, imprese e banche superiamo il 300% nei casi migliori (fra i quali rientra, con sorpresa, l'Italia) e perfino il 500% nei casi peggiori, come Gran Bretagna e Usa. Va ovviamente valutata sia la qualità del debito, ovvero la capacità dello stato di rimborsarlo, che la qualità degli impieghi, ovvero il contributo che gli investimenti e la spesa finanziati daranno alla crescita futura. La crescita dei paesi europei negli ultimi anni, alquanto modesta, suggerisce che la qualità degli investimenti fosse altrettanto modesta.