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Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2010 alle ore 08:05.
Excusatio non petita accusatio manifesta. Dire altro dell'intervento sull'immigrazione pronunciato giovedì scorso da Obama all'American University di Washington rischierebbe di portarci fuori tema. Evocare scenari futuribili di una possibile riforma non è altro che un modo per chiedere scusa di non aver potuto (o voluto?) bloccare, come era nei suoi poteri, l'entrata in vigore della vituperatissima legge anti clandestini del l'Arizona.
La verità, almeno per ora, è che l'unica "riforma" è quella fatta a Phoenix. Un esito su cui riflettere. Tanto più perché inatteso. Viste le tante, rumorosissime critiche con cui erano stati accolti i nuovi e assai sbrigativi metodi scelti dal governatore Brewer per combattere gli stranieri non in regola. E che ha assunto una dimensione a dir poco politica. In relazione al fatto che dopo i primi giudizi drasticamente liquidatori espressi al riguardo da Obama in prima persona, la sua amministrazione si è ben guardata dal fare quanto dovuto per ottenerne l'impugnazione.
Un'amnesia? La burocrazia Usa è così famosa per la sua ferrea puntualità da far pensare piuttosto a una decisione. Quasi a scegliere il male minore. Forse perché alla Casa Bianca nelle ultime settimane si deve essere fatto largo il timore che un duro e prolungato braccio di ferro con l'Arizona si sarebbe potuto trasformare, su un tema bruciante come l'immigrazione, in un pericoloso detonatore politico a pochi mesi dalle elezioni autunnali di medio termine.
Non a caso persino il mensile super liberal Atlantic Monthly aveva invitato il governo a valutare bene l'opportunità di aprire un contenzioso giudiziario contro il tanto vituperato decreto anticlandestini: Departement of Justice will sue Arizona: an unpopular move?
Impopolare per almeno tre ragioni. La prima legata ai risultati di un sondaggio Abc-Washington Post in base ai quali gli americani favorevoli alla norma Arizona risultavano di gran lunga più numerosi (58%) dei contrari (41%).
La seconda ragione sta nell'iniziativa dei 25mila abitanti di Fremont, piccola cittadina del Nebraska, che contro il volere e l'opinione dei maggiorenti locali, il 20 giugno hanno organizzato e autogestito un referendum come sollecitazione alle istituzioni a indirne uno "ufficiale" che consentisse loro di votare l'introduzione di nuove e più efficaci sanzioni contro i datori di lavoro e gli affitta camere agli immigrati clandestini.