Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2010 alle ore 14:10.
L'ultima modifica è del 04 luglio 2010 alle ore 08:05.
Venerdì 2 luglio l'amministratore delegato di Banca Intesa Sanpaolo Corrado Passera ha proposto con un intervento sul Sole 24 Ore di introdurre una "Tobin tax" sulle transazioni finanziarie. Il giorno dopo una sorprendente maggioranza di sette economisti intervistati dal Sole 24 Ore si è detta sostanzialmente d'accordo. Nella formulazione originaria di James Tobin, questa tassa riguardava solo il mercato dei cambi: serviva a scoraggiare operazioni a brevissimo termine potenzialmente destabilizzanti.
La Tobin tax cui ci si riferisce solitamente nel dibattito odierno è invece una tassa sulle transazioni finanziarie (Ttf) più generale.
Questa versione della Tobin tax è un'idea ricorrente in tempi di turbolenze finanziarie. L'hanno proposta in tanti, dagli economisti Paul Krugman e Joseph Stiglitz, dal finanziere George Soros ad Adair Turner, il capo dei regolatori finanziari britannici. Fino a poco fa, l'obiezione principale alla Ttf era la difficoltà di attuazione.
Questa obiezione è oggi meno cogente: poiché gran parte del clearing avviene in mercati centralizzati e in pochi centri finanziari, una Ttf oggi può esser amministrata senza perdite eccessive se c'è un consenso sufficiente almeno a livello di G-20. L'obiezione principale a una Ttf concerne i suoi scopi e i suoi effetti. Raramente essi vengono dichiarati esplicitamente, e purtroppo l'intervento di Corrado Passera non fa eccezione; ma proviamo a immaginarli.
Probabilmente l'idea di fondo più generale è che la Ttf serva a disincentivare e ridurre quella "sovrastruttura finanziaria" che si è sviluppata enormemente prima della crisi ma che non avrebbe alcuna utilità sociale discernibile. I termini di questa posizione sono spesso un po' fumosi e mal definiti; ma anche prendendoli per buoni, e ammesso che lo scopo sia condivisibile, il problema di questo approccio è che una Ttf è uno strumento molto spuntato per raggiungerlo: essa colpisce indiscriminatamente attività "buone" (come l'hedging) e "cattive".
Un secondo scopo della Ttf, più legato alla specifica situazione attuale, è ridurrela leva finanziaria. È opinione diffusa che una causa prominente della crisi è stata l'espansione dell'indebitamento a brevissimo termine da parte del sistema bancario (ufficiale e ombra) per finanziare attivi a lungo termine. Se la diagnosi è corretta, lo strumento più mirato non è una Ttf, ma una tassa sulle passività finanziarie a breve delle banche, come proposto da molti economisti e organizzazioni, e di cui la Financial Crisis Responsibility Fee statunitense è una incarnazione, seppure imperfetta.