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L'Autorità in manovra perde l'autonomia

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2010 alle ore 14:29.
L'ultima modifica è del 04 luglio 2010 alle ore 14:29.

Da ciascuno secondo necessità, a ciascuno secondo possibilità. C'è un'ironia di fondo nel modo in cui la manovra economica rovescia i termini dell'equazione marxiana, senza tuttavia cambiarne i risultati. Giovedì l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (Aeeg) ha pubblicato una segnalazione al governo e al parlamento proprio in relazione agli articoli che la riguardano: un gesto piuttosto irrituale nella tempistica, se si considera che il 15 luglio il presidente, Alessandro Ortis, terrà l'ultima relazione annuale del suo mandato.

Quello che lo ha spinto a chiedere un emendamento è la presenza di alcune norme che, nell'ambito dei tagli alla spesa pubblica, impattano direttamente non solo sull'entità dei suoi bilanci, ma anche sull'organizzazione interna.
In sostanza, il Tesoro chiede all'Autorità circa 3 milioni di euro, che si aggiungono ai 9 già prelevati per finanziare altre autorità e liberare risorse precedentemente a carico della fiscalità generale. Si tratta di una somma rilevante, se confrontata al bilancio dell'Aeeg che, nel 2009, era di circa 40 milioni di euro.
La manovra agisce in particolare su tre voci: le spese per personale, quelle per consulenze, quelle per «relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza» (ridotte dell'80%). Il regolatore non contesta l'entità del tributo, ma rivendica la libertà di scegliere come allocarlo al proprio interno. Infatti, la scure rischia di abbattersi sull'Autorità con effetti perversi. Sul personale, il problema è che le nuove norme – relative al rapporto tra dipendenti a tempo determinato e non – non riguardano assunzioni aggiuntive, ma l'organico esistente, tra l'altro in una fase di incremento delle competenze dell'Aeeg.


Con l'introduzione della Robin Tax, l'Aeeg ha iniziato a occuparsi del mercato dei carburanti e a spulciare i bilanci delle società interessate; e se davvero le venissero conferiti poteri sul settore idrico, come sarebbe logico e auspicabile, dovrebbe dotarsi di competenze e risorse umane adeguate. La questione consulenze e studi è più delicata, ma è chiaro che, in un settore ad alto tasso di innovazione e caratterizzato da cambiamenti rapidi e radicali, è difficile cavarsela senza avvalersi di apporti esterni.

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Tags Correlati: Aeeg | Alessandro Ortis | Bruno Leoni | Carlo Stagnaro | Ministero del Tesoro

 

Infine, dovendo accompagnare un mercato ancora giovane, l'Autorità sostiene ingenti spese di informazione a favore dei consumatori, che potrebbero essere messe a repentaglio dalla manovra.


Il punto, comunque, è che l'intervento a gamba tesa della manovra non solo ne mette in discussione l'autonomia finanziaria e organizzativa – contravvenendo alle direttive comunitarie – ma muove dal presupposto che i tecnici del Tesoro abbiano una conoscenza delle attività dell'Aeeg migliore dell'Aeeg stessa. La questione, insomma, non riguarda il quanto, ma il come.
Gli argomenti specifici addotti dall'Autorità possono essere condivisi oppure no; ma non vi è dubbio sul fatto che, fissati i saldi, il Tesoro non ha ragione di mettere il naso nel modo in cui l'Autorità si è strutturata, perché il rischio è quello di minarne l'operatività e fare, nel medio termine, un danno al mercato (e indirettamente all'erario) e alla credibilità delle regole vigenti o del loro enforcement.


C'è, poi, un altro e non marginale aspetto. L'Aeeg si finanzia con una fee dello 0,3 per mille a carico degli operatori dei mercati elettrico e del gas. Se una quota di queste risorse le vengono sottratte, di fatto si trasformano in un prelievo parafiscale. Risultato numero uno: l'indipendenza dell'Aeeg diventa più precaria, perché essa perde il pieno controllo sul suo bilancio. Risultato numero due: nel medio termine, è possibile che l'Autorità, per far fronte ai tagli, debba alzare il contributo obbligatorio (può salire fino all'1 per mille). Il paradosso è che il governo, nel nome di un rigore solo formale, causerebbe un aumento di fatto della pressione fiscale.
Carlo Stagnaro è direttore ricerche e studi dell'Istituto Bruno Leoni

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