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Per il Barcellona inizia l'austerity

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 08:49.

Una settimana fa il «Futbol club Barcelona» si è vantato di essere diventato la società sportiva con il maggior fatturato al mondo, sorpassando il Real Madrid, con 445,5 milioni di euro di entrate complessive nella stagione sportiva terminata il 30 giugno 2010, il 16% in più dei 384,5 milioni dell'anno precedente.
Adesso però la squadra campione di Spagna, ossatura della nazionale in Sudafrica, è tornata sulla terra, costretta a chiedere alle banche un prestito a breve di 150 milioni per pagare gli stipendi ai calciatori e dipendenti, in totale 331 persone.

Un brusco atterraggio, pilotato dal nuovo presidente Sandro Rosell, in carica dal primo luglio, dopo i grandi trionfi (e le grandi spese) di Joan Laporta. «Il club non è in bancarotta. Questa settimana avremo tutte le carte in regola per imporre una politica di austerità per fare risparmi nelle aree non necessarie e per rispettare impegni molto importanti come il pagamento degli stipendi dei nostri calciatori, allenatori e dipendenti», ha detto Rosell, incolpando del dissesto il predecessore. Ma la manovra nella quale il neopresidente si sta avventurando rischia di essere più impervia di quella di Giulio Tremonti.
Nonostante il club azulgrana sia il più ricco del mondo (anche se i ricavi correnti sono un po' più bassi di quelli dichiarati, 411 milioni), i conti esplodono, sull'onda di spese sempre più alte per competere ai vertici europei. Peraltro quest'anno il Barcellona è stato estromesso dalla Champions League nella semifinale con l'Inter, altra spendacciona della pedata.
La favola del club con l'azionariato popolare (i soci sono circa 174mila, pagano una quota annua che va da 30 euro a testa per i bambini a 140 euro per i senior) che fa tutti felici in Catalogna non è avviata al lieto fine.

Come un ministro che promette di non aumentare le tasse, Rosell si è impegnato a non aumentare le quote sociali, da cui derivano circa il 10% dei ricavi. I debiti si sono impennati. Le cifre comunicate dal club, provvisorie perché non c'è ancora il bilancio al 30 giugno 2010, rivelano che in 12 mesi l'indebitamento netto è salito da 202 a 326 milioni. I debiti bancari sono passati da da 29 a 114 milioni.

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Tags Correlati: Arsenal FC | Barcellona | Barcelona | Bilanci delle imprese | David Villa | Francesc Fabregas | Giulio Tremonti | Inter | Joan Laporta | Real | Sandro Rosell | Spagna

 

I debiti complessivi lordi sono più alti, anche se la società non li ha resi noti, perché in quest'importo è detratto dal passivo l'attivo corrente. Ma questo basta a prosciugare le casse, malgrado la società affermi che nella stagione al 30 giugno c'è un utile netto di 9 milioni, rispetto agli 8,8 indicati nel confronto con l'anno scorso (nel bilancio ufficiale 2009 questo era l'utile prima delle tasse, l'utile netto era più basso, 6,65 milioni).
A mettere in ginocchio il club sono le spese per il personale, aumentate del 16,5% a 261,5 milioni. Per i tesserati l'incremento è stato del 17,8% a 233,9 milioni. Il Barcellona ha pagato 40 milioni di premi per i successi in campionato e Champions League dell'anno precedente. L'ammortamento dei giocatori è salito da 53,9 a 71,1 milioni.
In questo calciomercato il Barcellona ha già speso 40 milioni per comprare l'attaccante David Villa. E dà la caccia al centrocampista Francesc Fabregas dell'Arsenal. Rosell smentisce di poterlo pagare 50 milioni. Ma forse le follie forse non sono finite.

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