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Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2010 alle ore 14:43.
Pomigliano farà la Panda. Nonostante il deludente risultato del referendum, la Fiat conferma la decisione di investire. Ma perché all'impegno di applicare l'accordo corrispondano «modalità che possano assicurare tutte le condizioni di governabilità dello stabilimento», come recita il comunicato Fiat, ci sono ancora nodi da sciogliere, normativi e politici.
Ricordiamo il punto intorno a cui ruota tutta la questione. In termini di diritto: se le clausole di deroga al contratto nazionale e di tregua sindacale firmate da sindacati che rappresentano la maggioranza dei lavoratori, oppure confermato in referendum dalla maggioranza dei lavoratori, siano vincolanti solo per i sindacati oppure anche per i singoli lavoratori. In termini pratici: se un lavoratore possa aderire a un sciopero proclamato da una sigla di minoranza, ma non dal sindacato a cui è iscritto. La Fiom - e una parte del Pd incominciando da Sergio Cofferati - sostiene che così si andrebbe contro gli articoli 39 e 40 della Costituzione. Ma, se avessero ragione, sarebbe anticostituzionale anche la legge che demanda ai sindacati di negoziare il diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali: invece quella legge è del 1990, e in vent'anni mai ne è stata messa in dubbio la costituzionalità.
Quanto agli aspetti politici, essi toccano in particolar modo il Pd, ancor più dopo la decisione di Marchionne. Da un lato, il Pd, «il partito del lavoro», può offrire la propria legittimazione storica per il successo della scommessa; dall'altro lato la scommessa offe al Pd la possibilità di legittimarsi in un ruolo di protagonista nel gestire le mutazioni di struttura produttiva che il Paese deve affrontare. Invece, per ora, di fronte al rifiuto della Fiom-Cgil di firmare il patto insieme agli altri sindacati, la direzione del Pd ha approvato l'accordo, ma come fatto eccezionale non ripetibile. Una non scelta con cui si incastra in un dilemma logico. Infatti se davvero con questo patto venissero lesi diritti costituzionalmente garantiti, né stato di eccezione, né entità di investimenti, né strategie aziendali varrebbero a giustificarlo. Se invece in questione non sono diritti degli individui, ma discipline contenute nei contratti collettivi, frutto di una elaborazione dottrinale degli anni 50 e 60, e oggi diventate inattuali, allora il caso Pomigliano è l'occasione per definire il modo con cui calare l'insieme delle garanzie previste dalla Costituzione nella realtà dei rapporti di produzione in questo Paese, in questo momento storico.