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Sarko il Bonaparte in declino

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2010 alle ore 14:44.

Dopo lunghi giorni di insolito riserbo, domani Nicolas Sarkozy apparirà sugli schermi di France2 per dire la sua verità ai francesi sull'affaire Bettencourt. Ovvero lo scandalo, parzialmente sgonfiatosi ma dai contorni ancora non chiari, sull'eventuale esistenza di fondi neri dell'Ump per finanziare la campagna presidenziale del leader francese nella primavera del 2007. Un caso sollevato dal sito Mediapart, che coinvolgerebbe in primis l'attuale ministro del Lavoro Eric Woerth, e che ha inevitabilmente già indirizzato schizzi di fango verso l'Eliseo.

Ma a prescindere dagli eventuali sviluppi dello scandalo e dalla difesa televisiva, probabilmente ferma e sdegnata, in arrivo da parte di Sarkozy, la stella del presidente appare da tempo offuscata. Al punto che gli ultimi sondaggi lo danno perdente al secondo turno (sebbene in testa al primo) nei confronti della socialista Martine Aubry, leader di scarso carisma emersa a fatica in un partito molto diviso, se le presidenziali si svolgessero oggi, invece che fra due anni. Un biennio che non sarà semplice per il discendente di immigrati ungheresi ed ebrei sefarditi finito sulla poltrona più prestigiosa di Parigi. L'affaire Bettencourt, come ha spiegato il politologo Dominique Moïsi ad Attilio Geroni (si veda Il Sole 24 Ore dell'8 luglio), ha reso ancor più profondo «quel divorzio emotivo tra il presidente e i francesi che si era manifestato clamorosamente già in occasione delle regionali».

Un uomo arrivato all'Eliseo nel maggio 2007 sull'onda di grandi aspettative, si trova ora a vivere un progressivo declino sia sul fronte della popolarità interna, sia nelle proiezioni diplomatiche all'estero. Se, come diceva il generale Charles de Gaulle, «il potere non si prende, si raccoglie», Sarkozy era stato lesto a raccoglierlo da un appannato, immalinconito Jacques Chirac.

Il bonapartismo ipercinetico di Sarkozy ne aveva fatto l'icona di un nuovo leader conservatore, un politico seducente per la Francia e per tutta l'Europa, con al fianco l'affascinante Carla Bruni e coccolato dai grandi media transalpini (in parte controllati da potenti amici di monsieur le president).

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Tags Correlati: Bce | Charles de Gaulle | Dominique Moïsi | Eric Woerth | François Fillon | Martine Aubry | Nicolas Sarkozy | Parigi | Politica | Silvio Berlusconi | Ump

 

Ora però quello stesso attivismo accentratore sembra diventato un handicap insormontabile. Nei suoi primi tre anni di mandato Sarkozy ha messo in cantiere riforme di ampia portata, dal sistema pensionistico all'università, ma senza riuscire a coagulare un ampio sostegno popolare. E soprattutto quell'ossessivo mettersi in prima linea su ogni questione, grande o piccola che sia, e l'incapacità di delegare alla lunga hanno infastidito l'opinione pubblica. Il suo carisma è sembrato disperdersi nei mille rivoli di uno sterile, autoreferenziale micro-management.

Pochi ricordano, per esempio, che in Francia esiste un primo ministro chiamato François Fillon. Proprio un ex premier dell'era Chirac, Jean-Pierre Raffarin, sottolinea come «il primo ministro non sia più una protezione per l'Eliseo come era in passato e di conseguenza il presidente è molto solo». Anche dal fronte sindacale francese c'è chi fa notare come il coinvolgimento diretto di Sarkozy in ogni contrattazione, faccia venir meno quel ruolo di ultimo arbitro che tradizionalmente l'Eliseo rivestiva nei negoziati più difficili.

Sulla scena internazionale Sarkozy è riuscito con la sua intraprendenza a sbloccare situazioni difficili, ma ha anche suscitato ondate di diffidenza. Senz'altro gli va riconosciuto il merito di aver reagito con riflessi pronti di fronte alla crisi finanziaria internazionale quando occupava la presidenza europea, convocando un inedito eurogruppo a livello di capi di stato e di governo a Parigi nell'ottobre 2008.

Ma il rapporto con la cancelliera Angela Merkel non è mai decollato, anche a livello di alchimie personali, e di conseguenza non ha mai veramente carburato il tradizionale motore franco-tedesco dell'Europa. Solo sul fronte della regolamentazione finanziaria c'è sintonia sull'asse Parigi-Berlino (spesso in contrasto con Londra), ma non su altre importanti questioni: Sarkozy è meno interessato al rigore di bilancio e chiede più stimoli all'economia, vorrebbe una Bce più accomodante e auspica passi avanti sul fronte di un governo economico europeo, tutti desideri che lasciano assai fredda e diffidente la Merkel.

Certo non è facile essere leader in Europa in un momento di congiuntura flebile, dopo una profonda crisi. E nelle conclamate difficoltà di governare di Sarkozy si possono cogliere anche analogie con quelle di Silvio Berlusconi. Entrambi faticano a varare profonde riforme, nonostante un'ampia maggioranza parlamentare; l'uno si sente sotto tiro del sito Mediapart accusato dall'entourage dell'Eliseo di "metodi fascisti", mentre l'altro vede gli avversari comunisti ispirare le critiche dei grandi giornali; tutti e due non hanno veri delfini e hanno al fianco ministri dell'Economia di algida mirabile competenza ma scarso appeal popolare (Christine Lagarde e Giulio Tremonti). Ma entrambi possono anche godere di un'opposizione molto divisa, che fatica a mettere in campo leader veramente carismatici.

Alla fin fine perciò, nonostante le mille difficoltà e qualche sondaggio negativo, non sarà poi così facile per qualcun altro "raccogliere" da loro il potere.
enrico.brivio@ilsole24ore.com
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