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E così un giorno il Bossi Umberto entrò in banca

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2010 alle ore 09:15.
L'ultima modifica è del 17 luglio 2010 alle ore 08:03.

All'indomani della tornata elettorale di aprile, il programma della Lega sul fronte bancario è stato reso noto senza reticenze dal leader Umberto Bossi: «La gente ci dice prendetevi le banche e noi lo faremo», aggiungendo un altrettanto esplicito: «Avremo uomini nostri a ogni livello».

Concetti ribaditi, nelle dichiarazioni e nei comportamenti, da altri rappresentanti del partito, a partire dal sindaco di Verona, Flavio Tosi, e dal presidente della regione Veneto, Luca Zaia. Tre mesi dopo è tempo di un primo bilancio, che conferma come sia difficile passare dal dire al fare, soprattutto quando la controparte è rappresentata dall'articolato mondo delle fondazioni, radicate sul territorio e centri di potere vero, in cui spesso regnano ex dc passati indenni dalla prima repubblica alla seconda.

L'impressione è che la rete delle fondazioni abbia tenuto, giocando la carta della cooptazione e del venire a patti, nella miglior tradizione democristiana. Emblematico il caso della Fondazione Cariverona, dove la campagna elettorale per la conferma del presidente Paolo Biasi è in pieno svolgimento. Il successo elettorale di Tosi a Verona lo rende determinante. L'opinione prevalente è che si vada alla conferma di Biasi con la benedizione dei leghisti e con un loro peso maggiore nel consiglio generale della Fondazione veronese. Proprio la Lega, in Veneto, ha raccolto l'eredità di parte della vecchia Dc dorotea. Altrettanto certo è che l'accoppiata Tosi-Biasi si presenta come un osso duro per l'amministratore delegato Alessandro Profumo. In proposito i segnali non mancano. Biasi è stato in prima fila nel mettere sotto accusa la gestione Profumo, ritenuta responsabile di avere allentato i legami con il territorio. Tosi condivide le parole di Zaia, secondo cui la banca «più è locale e più ci piace».

Molto più comprensivo nei confronti di Profumo resta l'ex Dc, area Donat Cattin, Fabrizio Palenzona, vicepresidente di UniCredit e deus ex machina della Fondazione Crt Torino. Palenzona, con il fiuto che lo contraddistingue, ha dimostrato grande tempismo nell'assicurarsi corsie preferenziali con il mondo leghista, che poi ha provveduto a consolidare. Lo ha fatto puntando su Angelo Miglietta, nominato segretario generale della fondazione, un tecnico in buoni rapporti sia con il neo governatore della regione Piemonte, Roberto Cota, sia con Giancarlo Giorgetti, uomo chiave della Lega in Lombardia.

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Tags Correlati: Democrazia Cristiana | Donat Cattin | Fabrizio Palenzona | Flavio Tosi | Fondazione Cariplo | Fondazione Cariverona | Fondazione Crt Torino | Fondazione Gallo | Giancarlo Giorgetti | Lega | Lombardia | Paolo Biasi | Partiti politici | Piemonte | Roberto Cota | Umberto Bossi | Verona

 

Il primo è diventato punto di riferimento naturale anche per il presidente della Compagnia San Paolo, Angelo Benessia, uno dei pochi vertici non dc delle fondazioni. I due si stanno studiando. Il leghista, intervenuto a un convegno delle fondazioni piemontesi organizzato dalla Fondazione Gallo a Santo Stefano Belbo (Cuneo), ha chiarito che la regione «batterà cassa quando ci saranno da prendere scelte importanti», aggiungendo di avere registrato «la massima disponibilità a collaborare» da parte del silenzioso Benessia. Giorgetti gioca da tempo di sponda con l'ex dc Giuseppe Guzzetti, presidente della ricca Fondazione Cariplo e regista indiscusso dell'universo delle fondazioni, antesignano nella ricerca di appoggi leghisti. Lo sperimentò sulla sua pelle, una decina di anni fa, il superconsulente berlusconiano Bruno Ermolli che, grazie alla vittoria elettorale del centro destra in Lombardia, pensò di conquistare la presidenza della Cariplo. Battaglia persa perché, a sorpresa ma non troppo, parte dei voti leghisti andò, guarda caso, all'intramontabile Guzzetti.
f.tamburini@ilsole24ore.com

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