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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2010 alle ore 08:29.
L'ultima modifica è del 21 luglio 2010 alle ore 08:03.
C'era una volta l'età dell'oro delle banche centrali, in cui i governatori avevano un'aura d'infalliblità. E soprattutto, un compito molto più facile: occuparsi (quasi o del tutto) esclusivamente di tenere l'inflazione sotto un livello prestabilito, più o meno esplicito.
La crisi ha infranto quaste certezze. Si è visto che le banche centrali non possono limitarsi a salvaguardare la stabilità dei prezzi, a "fare i guardiani della moneta", ma devono tener conto delle conseguenze delle loro decisioni sulla stabilità finanziaria.
La politica monetaria eccessivamente accomodante, soprattutto negli Usa, viene indicata come una delle cause della crisi scoppiata nel 2007. Molti si chiedono ora, a partire dalla Banca dei regolamenti internazionali, la "banca centrale delle banche centrali", se l'attuale regime di tassi a zero, compatibile peraltro con un'inflazione bassa, in qualche caso al limite della deflazione, non stia creando i presupposti per future crisi.
«La stretta aderenza all'inflation targeting - hanno detto Francesco Giavazzi e Alberto Giovannini in un recente incontro alla Banca di Finlandia - può produrre tassi troppo bassi, che spingono l'economia in una trappola. Tassi bassi inducono infatti a prendere rischi eccessivi e quindi aumentano la probabilità di crisi. Queste a loro volta richiedono tassi bassi per sostenere il sistema finanziario. Con un sistema finanziario debole, diventa difficile alzare i tassi». E così via in un circolo vizioso. La politica monetaria, sostiene la Bri, dovrà fornire un contributo maggiore alla promozione della stabilità finanziaria se vorrà conseguire i propri obiettivi macroeconomici.
Il ripensamento sul central banking del dopocrisi si è arricchito ieri del contributo del Fondo monetario, secondo cui la stabilità dei prezzi resta l'obiettivo principale, ma va accompagnata dal perseguimento della stabilità finanziaria (con un allungamento dell'orizzonte della politica monetaria e magari con l'ampliamento del mandato delle banche centrali, secondo la Bri). Le banche centrali hanno bisogno di migliorare l'analisi e il monitoraggio degli sviluppi dei mercati finanziari e in qualche caso "andare contro vento" con la politica dei tassi per prevenire la formazione di bolle speculative o per sgonfiarle. Le politiche prudenziali sono "la prima difesa", dice José Vinals, capo della divisione monetaria e dei mercati dell'Fmi, contro il boom dei prezzi delle attività generato dalla rapida crescita del credito, ma i tassi hanno un ruolo da giocare.