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L'Expo non avanza sul terreno

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2010 alle ore 09:28.

Il giorno della nomina Giuseppe Sala, neo-direttore generale della società di gestione dell'Expo 2015, si era sbilanciato, annunciando «l'impegno di arrivare a una soluzione entro lunedì 5 luglio». E, sempre in quei giorni, Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio di Milano, l'ente che esprime il presidente della società di gestione dell'evento, l'imprenditore Diana Bracco, aveva confermato la necessità «di fare in fretta». Quasi un mese dopo il problema di come procedere per quanto riguarda i terreni su cui realizzare il progetto rimane senza soluzione.

Non solo. L'accordo tra i protagonisti risulta lontano e, ogni giorno che passa, la matassa tende ad aggrovigliarsi piuttosto che a dipanarsi. Il clima è quello di tutti contro tutti, in una partita giocata all'interno dello schieramento di centro-destra. Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, è su posizioni molto diverse dal sindaco di Milano, Letizia Moratti, e dal presidente della Provincia, Guido Podestà. Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, non è disposto a tirar fuori i soldi senza avere voce in capitolo. Fondazione Fiera Milano e il gruppo Cabassi, proprietari dei terreni, hanno sensibilità diverse ma non hanno alcuna intenzione di uscirne senza una valorizzazione adeguata degli stessi.
La disputa viene presentata come ideologica: i terreni vanno acquistati oppure utilizzati in comodato d'uso, cioè lasciandoli alle proprietà attuali che non incasserebbero nulla, dovrebbero investire negli oneri di urbanizzazione e nelle infrastrutture, ma otterrebbero in cambio la possibilità d'investimenti immobiliari rilevanti dopo la conclusione dell'evento?

La verità è diversa in quanto, come spesso accade, lo scontro risulta di puro potere. Formigoni è pronto all'acquisto dei terreni che l'Agenzia del territorio ha stimato di valore intorno a 180-190 milioni. La Moratti, per i vincoli economici derivanti dal rispetto del patto di stabilità, non può permettersi investimenti di tale entità. E Podestà, che peraltro ha da tempo rapporti eccellenti con i Cabassi, potrebbe farlo soltanto rinunciando ad almeno parte di altre attività, per esempio nelle autostrade. Entrambi non hanno alcuna intenzione di dare via libera alla Regione Lombardia in quanto convinti che troverebbe applicazione una delle massime citate spesso da Enrico Cuccia, il fondatore di Mediobanca, che di affari se ne intendeva: «Articolo quinto chi mette i soldi ha vinto», amava ricordare. Il sospetto del Comune e della Provincia è che la seconda mossa di Formigoni sia di far scendere in campo il braccio della Regione nei grandi lavori: la Infrastruttura lombarde spa, guidata da Antonio Rognoni e pronta ad assumere un ruolo dominante nella gestione degli investimenti dell'Expo 2015. Esattamente quanto intende evitare il ministero dell'Economia, che pretende un ruolo almeno corrispondente all'impegno economico.

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Tags Correlati: Antonio Rognoni | Cabassi | Camera di Commercio | Carlo Sangalli | Diana Bracco | Enrico Cuccia | Fiere | Fondazione Fiera Milano | Giulio Tremonti | Giuseppe Sala | Lega | Lombardia | Mediobanca | Roberto Formigoni |

 

Un interrogativo diffuso, fra l'altro, è sul ritorno effettivo degli investimenti nell'Expo. Il rischio, alla resa dei conti, è che il bilancio economico dell'iniziativa si riveli più che deludente. In più, sia pure dietro le quinte, pesa l'opposizione strisciante della Lega Nord, che sta alla finestra incassando subito un dividendo non di poco conto: il logoramento degli alleati. Per questo l'opinione prevalente è che l'immobilismo finisca per prevalere. A meno che non si assista al classico colpo di scena: la versione meneghina del "ghe pensi mi" berlusconiano, con il premier che decide d'intervenire e sblocca la situazione.

fabio.tamburini@ilsole24ore.com

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