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Questo articolo è stato pubblicato il 25 luglio 2010 alle ore 14:14.
L'ultima modifica è del 25 luglio 2010 alle ore 08:10.
Perché l'industria farmaceutica paga il prezzo di un'immagine non troppo diversa da quella che affligge l'industria petrolifera? Su greggio e dintorni le ragioni sono ovvie, su medicine e vaccini un po' meno. La colpa non può essere solo di John Le Carrè autore di La cospirazione, su oscure trame africane di multinazionali del farmaco. Andrew Witty, ceo di GlaxoSmithKleine, all'interrogativo ha risposto (si veda a pag. 22). Per tanto tempo è stato un business quasi finanziario, money driven. Per troppo tempo si è, quindi, scordato della funzione sociale che ricopre chi produce medicine.
La sua ricetta è una farmaceutica che soddisfi gli azionisti e accontenti i consumatori. L'ingrediente troppo a lungo perduto è l'etica industriale. Da avviare nel primo mondo anche con una più contenuta politica dei prezzi a patto che non si voglia penalizzare la ricerca, core business della farmaceutica. Da realizzare nei mondi emergenti ridistribuendo il profitto globale sotto forma di prodotti a costi ribassati per favorire i più deboli e di investimenti degli utili locali per lo sviluppo delle realtà locali. Questo può essere il futuro della farmaceutica. Anzi forse è il presente.