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Intervenire o «laissez faire»? La sintesi c'è: è la Silicon Valley

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Questo articolo è stato pubblicato il 31 luglio 2010 alle ore 07:50.
L'ultima modifica è del 31 luglio 2010 alle ore 08:21.

Forse ci aspetta un decennio lungo e lento. C'è una concomitanza di forze che probabilmente rallenteranno la vitalità dell'economia.
In America, i consumatori sono ancora superindebitati, e ci vorranno anni di cinghia tirata prima che le famiglie tornino sulla strada della sostenibilità. Anche l'amministrazione federale e i governi statali dovranno tirare i remi in barca. Il mercato del lavoro era malato prima della recessione e ora sta anche peggio.

I nostri partner commerciali, in Europa e in Giappone, sono in stagnazione o in difficoltà. Le nostre banche non prestano alle piccole imprese e quelle di altri paesi devono fare i conti con enormi svalutazioni contabili. Anche la guerra psicologica fra le imprese e l'amministrazione Obama sta lasciando il segno. Gli imprenditori pensano che il governo sia composto da professoroni sprovveduti. Nel governo, qualcuno vede i capitani d'industria come liberisti ipocriti che cercano solo l'interesse delle grandi aziende.
Non siamo di fronte solo a un ciclo, ma a una malattia. Potremmo trovarci a ripensare al periodo 1980-2006 come al periodo del lungo boom, e al periodo 2007-2014 o giù di lì come al periodo dello straziante arrancamento.

Dal punto di vista politico, questo periodo potrebbe avere delle affinità con la seconda metà degli anni 70. L'angoscia economica può produrre effetti economici buoni e cattivi. Quando l'economia balbetta, la gente si pone interrogativi di fondo sulla natura delle nostre strutture politico-economiche, ed escogita proposte ambiziose per rilanciare la crescita. L'elettorato può imboccare strade imprevedibili.
Ho cercato di immaginare come potrebbe essere un programma dei Democratici moderati per la crescita. Potremmo chiamarlo l'approccio "Lancio sulla Luna": il governo cerca di stimolare lo sviluppo economico prima creando il contesto adatto alla crescita attraverso un grosso programma d'infrastrutture, e poi focalizzando i sussidi e i crediti d'imposta su settori chiave, come la ricerca energetica.

I Repubblicani hanno un loro programma per la crescita. Lo potremmo chiamare l'approccio "Libera l'America". La visione che c'è dietro è stata brillantemente descritta da Arthur Brooks nel suo libro The Battle: How the Fight Between Free Enterprise and Big Government Will Shape America's Future.

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Tags Correlati: Arthur Brooks | Fabio Galimberti | Imprese | Inps | Paul Ryan | Stati Uniti d'America |

 

Brooks (non è mio parente) sostiene che gli americani sono un popolo dalle propensioni imprenditoriali ineguagliabili. Nazione d'immigrati, «il grande successo dell'America si può spiegare in parte con la nostra predisposizione genetica ad abbracciare quei rischi che offrono ricompense potenzialmente straordinarie».

Citando un'ampia serie d'inchieste d'opinione, Brooks afferma che il 70% degli americani condivide questa visione liberista e imprenditoriale del proprio paese. Ma il 30% preferisce un'ottica più incentrata sullo stato, all'europea. La battaglia, conclude Brooks, è fra quel 70% che cerca di riprendere il controllo del paese e quel 30% che in questo momento sta espandendo il ruolo dello stato in un vasto numero di settori.
Paul Ryan, il parlamentare repubblicano intellettualmente più ambizioso, cita a profusione il libro di Brooks. Da qualche anno Ryan sta promuovendo un suo programma per riformare da cima a fondo il sistema fiscale e lo stato sociale dell'America. Per quel che riguarda le tasse, vorrebbe fare piazza pulita di quasi tutti i crediti d'imposta e sussidi che favoriscono interessi specifici, e dare alla gente la possibilità di avere un sistema fiscale semplice, con solo due aliquote.

Sul versante dello stato sociale, vorrebbe fare piazza pulita di quasi tutti i sussidi alle classi medie e alte, come l'esenzione fiscale sui piani sanitari dei dipendenti. Sostanzialmente, introdurrebbe un sistema di buoni per i servizi sociali erogati dallo stato federale, come la sanità e la previdenza, e aumenterebbe i sussidi federali per i più poveri.
L'idea sarebbe farla finita con i sistemi complicati e sclerotici e risolvere la crisi di bilancio. L'effetto sarebbe ridurre drasticamente il potere delle autorità federali e trasferire la discrezionalità (e i rischi) sugli individui.
Entrambi gli approcci, quello Democratico e quello Repubblicano, presentano dei punti deboli. L'approccio "Lancio sulla Luna" si affida alla capacità di esperti onniscienti di selezionare i motori della crescita futura, e alla disponibilità di parlamentari colmi di spirito civico ad approvare leggi che ottimizzino la produttività invece di favorire interessi particolari.

Il punto debole dell'approccio di Brooks e di Ryan è che la loro analisi sociologica è un po' fuori bersaglio. L'America non è una nazione di pionieri amanti del rischio, è una nazione di eroiche famiglie borghesi che vogliono prosperare all'interno di un ordine sociale certo. Il dibattito economico non è manicheista come la guerra di culture, perché la maggior parte delle persone è divisa a metà e perché è più facile scendere a compromessi sui soldi che sulla vita.

In ogni caso, queste due visioni sono migliori di quella nativista e antiglobalista che emergerà. E, nonostante gli aspri conflitti verbali, sono combinabili. Vista sotto la luce più favorevole, l'iniziativa di Ryan punta a ripulire e ringiovanire la nazione liberandola dalla sclerosi degli interessi particolari che strangolano la flessibilità e la crescita. Viste sotto la luce più favorevole, le politiche di Obama mirano a produrre un contesto per l'innovazione per creare occupazione nell'industria e pungolare aggregazioni di crescita come la Silicon Valley che, ricordiamolo, fu un magico cocktail di sussidi alla ricerca del governo federale, cultura hippie, spregiudicatezza imprenditoriale e ambienti universitari.

I due progetti sono in contrasto, ma in una cultura politica sana non si escludono vicendevolmente. Dev'essere possibile realizzare contemporaneamente l'obiettivo di semplificare la normativa fiscale, prendere di mira la spesa e costruire infrastrutture forti.

(Traduzione di Fabio Galimberti)
© NEW YORK TIMES

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