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È l'ora dei dipendenti azionisti

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2010 alle ore 08:20.
L'ultima modifica è del 06 agosto 2010 alle ore 09:11.

Telecom Italia ha portato a termine nelle settimane scorse un piano di azionariato riservato ai suoi collaboratori. All'offerta hanno aderito circa 10mila dipendenti, con una richiesta totale di 27 milioni di azioni, pari all'87% del plafond massimo di titoli disponibili. Ne traiamo spunto per alcune considerazioni. Di partecipazione finanziaria dei dipendenti nell'impresa si discute in Europa da un ventennio. In un rinnovato rapporto tra capitale e lavoro s'intravede un'importante prospettiva di rilancio della competitività dell'Unione in un mondo globalizzato.

La situazione continentale, tuttavia, è ancora diseguale e non brillantissima nonostante i progressi degli ultimi dieci anni. La partecipazione finanziaria è diffusa nei paesi economicamente più sviluppati (Regno Unito, Francia, area scandinava), molto meno in Italia.

Non ci sono solo le differenze geografiche e neppure quelle di legislazioni e indirizzi politici. I dirigenti beneficiano di piani finanziari molto più degli altri dipendenti; chi lavora in aziende quotate ha più possibilità di accedere a questi strumenti. Diversi poi i comportamenti delle grandi aziende: nel 2007 l'80% delle principali imprese in Francia, Repubblica Ceca, Regno Unito offriva piani di partecipazione finanziaria ai collaboratori; in Spagna, Italia, Portogallo la percentuale scendeva intorno al 20. E diversa è la credibilità di questo nuovo rapporto capitale-lavoro: nel 2005 si avevano tassi di partecipazione superiore al 10% in Svezia, Olanda, Francia, Finlandia, Irlanda, Repubblica Ceca, mentre le percentuali più basse (inferiori al 3,5%) si registravano in Portogallo, Italia, Grecia, Germania.

L'Italia non può accettare questa posizione di retroguardia. Di fronte allo stravolgimento degli equilibri competitivi mondiali che minaccia il nostro sistema produttivo, occorre accelerare nella modernizzazione del mercato del lavoro e delle relazioni industriali in chiave più partecipativa e meno conflittuale.
In questa direzione va il recente Codice della partecipazione elaborato dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, che sollecita le parti sociali a sviluppare nuove iniziative. Una robusta serie di pratiche del mercato può anche contribuire alla messa a punto del disegno di legge bipartisan presentato un anno fa dal senatore Pietro Ichino raccogliendo le proposte dei senatori Bonfrisco-Casoli, Treu, Castro e Adragna.

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Tags Correlati: Adragna.È | Berardino Libonati | Comitato Nomine | Concorrenza | Gabriele Galateri | Italia | Maurizio Sacconi | Pietro Ichino | Sandro Catani | Telecom

 

È in questo quadro ancora in divenire che si colloca il piano di Telecom Italia. Di cui avevamo ben chiari gli obiettivi: rafforzare il senso d'appartenenza delle persone all'azienda in una fase di trasformazione, coinvolgerle sulle strategie, motivarle al raggiungimento di risultati ambiziosi. Sia il Consiglio di amministrazione (assistito dal Comitato Nomine e remunerazione, col presidente Elio Catania e i membri Berardino Libonati e Luigi Zingales) sia il management erano consapevoli che i precedenti italiani avevano dato risultati tutto sommato modesti, che ci sarebbe stato da superare ostacoli in termini culturali e di modello di relazioni tra gli stakeholder, che il momento borsistico era poco favorevole, che la ristrutturazione in corso poteva riflettersi negativamente sull'atteggiamento delle persone. C'era una certa preoccupazione per una possibile scarsa adesione (la media per le grandi aziende europee sta al di sotto del 5%). Alla fine il dado è stato tratto. E a un piano dimensionato, nella più ottimistica delle previsioni, sul 15% di partecipazione, ha aderito il 16% dei potenziali destinatari.

Quali i fattori di questo successo? Almeno tre. Primo, la progettazione. Le condizioni d'adesione erano tali da proporre una buona offerta evitando comportamenti opportunistici e la tentazione del "compra e vendi" per lucrare un attraente, sia pur limitato, guadagno. Lo sconto praticato, calcolabile facilmente, era contenuto e realistico. Le simulazioni dimostravano che il dipendente sarebbe stato difeso da normali oscillazioni del titolo. Secondo, la campagna di comunicazione strutturata e orientata alla semplicità. La creazione sull'intranet aziendale di un sito dedicato (232mila accessi nel periodo dell'adesione) ha facilitato la promozione dell'iniziativa e la conoscenza di tutti gli elementi rilevanti per la decisione. Terzo, e non meno importante, la credibilità del piano industriale della Società.

In base a questa recentissima esperienza vorremmo offrire al dibattito due riflessioni. La prima riguarda l'efficienza fiscale. Il buon risultato di Telecom Italia è stato raggiunto a legislazione corrente, sulla base di un tetto massimo di esenzione fiscale e contributiva piuttosto basso. Considerato che in Italia la partecipazione finanziaria deve radicarsi, vale la pena di misurarsi con le agevolazioni ben più interessanti che offrono, per esempio, l'Irlanda (tetto a 12.700 euro) o la Danimarca e la Finlandia (10% della retribuzione).

La seconda riflessione riguarda il meccanismo. I modelli basati su partecipazioni individuali flessibili e graduali sono da preferirsi in una situazione che presenta ancora difficoltà e scarsa sperimentazione. Modelli più complessi come gli Esop, che raccolgono fondi dei lavoratori e li investono in forma collettiva nelle azioni dell'azienda, sono teoricamente efficienti, ma sono coerenti con contesti molto diversi dal nostro, come quelli anglosassoni.

In ogni caso, siamo convinti che una maggiore simbiosi tra capitale e lavoro favorirà la competitività delle imprese e darà sostanza ad un allargamento strutturale della base di azionisti delle aziende italiane, aprendo così la strada all'affermazione di vere public companies e di una vera democrazia economica.

Gabriele Galateri è presidente di Telecom Italia
Sandro Catani è consulente del Comitato Nomine e remunerazione di Telecom Italia

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