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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2010 alle ore 08:15.
L'ultima modifica è del 06 agosto 2010 alle ore 09:05.
Due cose ha fatto il governo che ancora nessuno ha trovato argomenti per contestare: cercare condizioni di maggiore sicurezza per le finanze pubbliche e diffondere richiami di crescente intensità a una maggiore responsabilità da parte dei centri di spesa a vario titolo sparsi per l'amministrazione. A proposito del primo tema parlo di ricerca di maggiore sicurezza e non certo di blindatura delle finanze perché la dimensione della sfera pubblica è ormai talmente vasta che è velleitario e fuorviante far credere di poterla avere sotto controllo senza avere prima compiuto un profondo processo di riforma dello stato.
Quanto al richiamo alla responsabilità, il governo altro non fa che cercare di spiegare che la cura di un corpo malato non può prescindere da quella dei suoi singoli organi. Una sorta di apologo di Menenio Agrippa nella declinazione contemporanea che i ceti produttivi, che tante buone ragioni avrebbero per essere inquieti, hanno compreso e per questo assumono la amara medicina dell'austerità in ammirevole silenzio. Chi lavora ha dunque ben chiaro che il mondo è oramai irreversibilmente cambiato e, dopo due anni di crisi, è convinto che un nuovo equilibrio sarà possibile. Ma perché lo si recuperi bisogna tutti rinunciare a qualcosa e non consentire deroghe alla disciplina alla quale ci si deve forzatamente sottomettere quando si sta combattendo una guerra.
Le azienda tagliano, ristrutturano, scavano trincee se capiscono che la stagione è ancora quella della difesa, innovano se è il momento di farlo, comunque combattono. Nelle riunioni che si tengono quotidianamente sul territorio non si perde neppure tempo a ricordare l'obiettivo, tutti lo hanno infatti ben chiaro: vincere la guerra e vincerla con il minore numero di perdite possibile. Ci si stringe attorno alle fabbriche, ai municipi, addirittura ai campanili e si pianificano azioni di resistenza, di temporeggiamento, d'attacco. Con sindacati operai e patronali delle imprese private dei settori esposti alla concorrenza consci di condividere lo stesso fronte e la stessa trincea. È il comportamento naturale di ogni comunità in guerra dove ad ogni individuo è richiesta l'osservanza di una disciplina che non ammette comportamenti antagonisti e ancora meno sprechi e ruberie, che la legge marziale universalmente punisce con la massima severità.