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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2010 alle ore 08:28.
L'ultima modifica è del 06 agosto 2010 alle ore 09:14.
Dopo un iter di privatizzazione durato otto mesi (contando solo dall'uscita del bando), alla vigilia della pausa estiva, il governo ha deciso di respingere (dopo averla prima accettata) l'offerta di Mediterranea holding spa per acquisire la compagnia pubblica di navigazione Tirrenia e di aprire per quest'ultima l'amministrazione straordinaria. Si trattava dell'unica compagine rimasta in gara delle 16 che a febbraio avevano manifestato interesse per l'operazione.
Una società particolare, visto che l'azionista di maggioranza relativa (37%) è la Regione Sicilia. In effetti, quindi, vendere a Mediterranea significava cedere una società statale a una spa guidata da un ente pubblico. E non è mancato chi, a partire da Confitarma per arrivare a parlamentari e sindacati, nel corso della gara, ha rilevato l'incongruenza. Tant'è, Fintecna, la finanziaria del Tesoro, azionista di Tirrenia, il 28 luglio scorso ha deciso di aggiudicare la compagnia a Mediterranea. Salvo, una settimana dopo, cambiare idea e mandare Tirrenia in amministrazione straordinaria. Ma allora, non ci si poteva pensare prima, trovare altre soluzioni, ed evitare l'ennesimo pasticcio all'italiana?