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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2010 alle ore 09:56.
I paesi occidentali, invischiati nei dibattiti su come gestire il disavanzo mentre stanno emergendo dalla recessione economica globale, farebbero bene a ispirarsi ai modelli di gestione delle finanze pubbliche dell'Estremo Oriente.
David Pilling, editorialista dell'edizione asiatica del Financial Times, ha descritto i successi delle misure di stimolo in quel continente in un articolo pubblicato a luglio. «A differenza che in Occidente, in Asia non si discute granché se gli stimoli abbiano funzionato o meno», scrive. «Hanno funzionato alla grande. La produzione è molto al di sopra dei livelli di prima della crisi».
All'inizio del 2009, l'Fmi pubblicò delle stime sulle dimensioni dei programmi di stimolo nelle nazioni del G20 tra il 2008 e il 2010. C'erano diversi elementi interessanti in quei dati: uno era il fatto che di fronte alla crisi le misure adottate dalla Germania contrastavano nettamente con la retorica ufficiale sull'austerità: in sostanza, si trattava di misure keynesiane. Ma la Corea del Sud e la Cina avevano adottato stimoli molto più aggressivi di qualsiasi paese occidentale, e in entrambi i casi questi stimoli avevano dato buoni risultati.
I paesi asiatici hanno potuto mettere mano al portafoglio per stimolare l'economia anche perché nei periodi di vacche grasse avevano fatto quello che bisognerebbe fare: avevano ripagato i loro debiti. L'economia keynesiana spesso viene raffigurata, in modo caricaturale, come una politica del disavanzo perpetuo ma, come ho cercato di spiegare, la spesa in disavanzo funziona solo quando l'economia è depressa e i tassi d'interesse sono prossimi allo zero.
Nel suo editoriale, Pilling richiamava l'attenzione anche sulla memoria persistente del 1997, quando l'Fmi, nel pieno di una crisi finanziaria, impose rigore finanziario e drastici tagli di bilancio a diverse nazioni asiatiche. «I governi asiatici avevano rinforzato le loro protezioni dopo la crisi del 1997, costruendosi riserve enormi.Questa "prudenza" si è tradotta, curiosamente, in una situazione per cui paesi poveri come la Cina rinunciavano a spendere e investire per agevolare le spese sfrenate di stranieri ricchi. Ma ha anche garantito a quei paesi, quando è arrivato il credit crunch, i soldi da spendere».