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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2010 alle ore 08:03.
Quale sia il clima, rispetto alla liberalizzazione dei servizi pubblici locali, è evidente se si pensa che di recente il Consiglio comunale di Milano ha approvato l'aggiornamento del piano d'ambito dell'Ato Città di Milano, con tanto di ritocchi tariffari, sulla base di un "ricatto" strisciante: o facciamo pagare di più i cittadini, o privatizziamo. Agli amministratori milanesi, e ai consiglieri comunali di sinistra che hanno votato con la maggioranza, è sembrato un diktat minaccioso.
Ma c'è più verità, nel porre l'alternativa in termini così secchi, di quanta ne appaia. Le diseconomie nei servizi pubblici locali fotografano la pervasività degli sprechi, frutto non certo della cattiva volontà degli amministratori, ma del peso che la politica finisce per avere in ciascuna delle piccole decisioni che fanno, sommate, il complesso dell'attività di un'azienda. Privatizzare imprese che operano nell'ambito di concessioni, o contratti siglati con gli enti locali, non equivale a creare un mercato, non pone in essere di per sé condizioni di concorrenza. Tuttavia, in tal modo si riuscirebbe perlomeno a rendere contendibile la gestione del servizio, aprendo la strada alla possibilità di un approccio diverso, più managerialmente accorto, più imprenditorialmente innovativo e nello stesso tempo si modificherebbe la natura degli “azionisti” della società che va ad erogare un servizio.
Passando dagli organi rappresentativi della collettività comunale, che spesso sono “razionalmente ignoranti” rispetto alle modalità in cui un servizio viene erogato (sono oberati di responsabilità e problemi, specie in grandi centri come Milano, fanno fatica a maneggiare il complesso delle attività che sotto l'egida del Comune si esplicano), ad azionisti privati, legittimamente interessati a fare profitto. Per fare profitto, nel momento in cui si vince una gara con determinate caratteristiche, bisogna anzitutto tenere fede agli impegni presi: in termini di qualità del servizio e d'investimenti realizzati. Col privato, si può attutire quell'inerzia nella malagestione che spesso contrassegna il pubblico. Anche se, com'è evidente, va prestata grande attenzione (soprattutto da parte dell'opinione pubblica) affinché i decisori siano costretti a fare scelte trasparenti, senza favorire attori che abbiano un legame privilegiato con la politica.