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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2010 alle ore 07:58.
L'ultima modifica è del 10 agosto 2010 alle ore 08:49.
Si annuncia per settembre (salvo sorprese) un voto di fiducia in parlamento su quattro punti fondamentali dell'attività del governo: giustizia, fisco, federalismo e Mezzogiorno. Al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi questa strada serve per verificare lo stato dei rapporti interni alla maggioranza dopo lo strappo con Gianfranco Fini e il suo pattuglione. Le possibilità sono due: si raggiunge un accordo e si va avanti con un programma rinforzato; oppure si certifica che non esistono le condizioni per procedere oltre e si punta alle elezioni anticipate, in una strategia della chiarezza estrema che deve però fare i conti con le scelte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Restiamo alla prima ipotesi, quella della trattativa interna alla maggioranza che sostiene il governo. I quattro punti indicati sono scontati, riguardando i fronti più caldi dell'attività di governo. Anche qui due sono le possibilità. La prima: il negoziato segue stancamente i rituali sperimentati delle verifiche di governo (compresa quella interminabile con il famoso sub-governo Fini-Casini ai tempi della legislatura 2001-2006) con tanto di nuove "cabine di regìa" e aggiustamenti di poltrone. La seconda: si fa una verifica trasparente e senza sconti di convenienza reciproca (destinati a evaporare comunque presto) che in caso di riuscita può assicurare il rispetto degli impegni e un tragitto politico fino al 2013.
Detto questo, quali rischi si corrono? La presenza, tra i quattro punti sui quali è possibile un voto di fiducia, dei due capitoli "federalismo" e "Mezzogiorno" deve far riflettere.
Sono punti scontati, sì, ma perché prevederli distintamente, quasi fossero problemi diversi o, sotto sotto, alternativi, il primo magari per ribadire lìimpegno solenne preso con la Lega e il secondo per rimarginare le ferite aperte dentro il Pdl (esemplare il caso siciliano) e per rispondere alla corsa del terzo polo (finiani, Udc di Casini, Mpa del governatore della Sicilia Raffaele Lombardo, Api di Francesco Rutelli) che punta al serbatoio dei voti al Sud in chiave anti-federalista?
Mezzogiorno e federalismo sono due facce dello stesso problema, e una politica innovativa richiederebbe, più che rincorrere questa o quella richesta del Nord o del Sud, chiarire che un federlasmo virtuoso è nell'interesse del Meridione e dei suoi amministratori, che è finita un'epoca (quello dello stato pagatore a piè di lista, dell'assistenzialismo e degli sprechi) e che nella stessa riforma federalista sono esplicitamente previsti i meccanismi per garantire la coesione sociale (col fondo perequativo per le pari opportunità territoriali), il riequilibrio strutturale delle dotazioni infrastrutturali, l'uguaglianza dei cittadini nell'accesso ai servizi essenziali, la possibilità d'interventi speciali aggiuntivi a carico dello stato. Non a caso, si parla di modello federale cooperativo e solidale, e c'è da chiedersi piuttosto (si pensi al calcolo dei costi standard, di cui non si conoscono ancora i numeri) se saranno rispettati fino in fondo criteri rigorosi.