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Google-Verizon non è un patto col diavolo

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2010 alle ore 10:29.
L'ultima modifica è del 12 agosto 2010 alle ore 11:46.

Molta calma. Internet libero non è finito. Google non ha venduto l'anima al diavolo. Continueremo a navigare a piacimento sul web. Vedremo gli stessi siti di prima, più tutti gli altri. Non ci saranno forze oscure della reazione che faranno caricare la pagina del giornale Tizio cinque volte più velocemente di quella del giornale Caio. L'accesso sarà sempre democratico. Semmai pagheremo di più, o in modo diverso, per servizi extra, per applicazioni particolari, per sviluppi della rete wireless non ancora conosciuti.

Le connessioni di casa, di ufficio e pubbliche resteranno tali e quali. La net neutrality resta un principio fermo. Nessun operatore potrà bloccare servizi e contenuti di un tipo o dell'altro. Più cautela, più libertà d'intrapresa, più tempo per costruire la rete e sviluppare nuovi modelli di business, invece, per i collegamenti internet via telefono, via iPad, via cellulare. Questa è l'eccezione.

L'accordo Google-Verizon è stato rumorosamente definito il nuovo patto Molotov-Ribbentrop, con noi utenti della rete nella parte dei Sudeti. Il vecchio campione del popolo, Google, avrebbe tradito, alleandosi con il malvagio operatore telefonico, Verizon, per spartirsi profitti, controllare la rete e manipolare le nostre coscienze. Arriverà l'internet di serie A e quello di serie B, dicono altri catastrofisti. È la fine del mondo, si legge sui giornali e sui blog.

È vero? Chissà. Ma è corretto segnalare che c'è anche chi dice di no, che non è vero niente, che non ci saranno limitazioni, ma nuovi servizi, più contenuti, maggiore scelta. I fatti, intanto. Google e Verizon non hanno imposto niente. Sarà il Congresso di Washington a decidere come regolamentare internet. In America, a differenza che in Europa, la rete non rientra nelle competenze dei regolatori delle telecomunicazioni. Lì non ci sono regole per internet. Obama, il Congresso e l'autorità americana delle telecomunicazioni stanno cercando di porvi rimedio. Google e Verizon hanno elaborato una proposta in sette punti per difendere la libertà e il business di internet.

Sono punti condivisibili, tranne quello su cui si è scatenato il putiferio. I due gruppi hanno proposto di non estendere le regolamentazioni della rete, tra cui l'obbligo di net neutrality, ai network wireless, cioè ai collegamenti Internet mobili, effettuati attraverso una scheda sim. Le ragioni sono chiare: si tratta di un sistema diverso da quello via cavo, è un mercato nuovo, mancano le infrastrutture. Non avrebbe senso, hanno scritto i due amministratori delegati di Google e Verizon, ingabbiare con regole precostituite un sistema ancora in fase di sviluppo e che necessita di giganteschi investimenti.

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Tags Correlati: Adobe | Apple | Cnn | Cnn JP Mangalindan | Craig Moffett | Europa | Google | Internet | ITunes Music | Larry Dignan | Stati Uniti d'America | Verizon | Zdnet

 

Noi utenti non ce ne accorgiamo, perché - a casa o in spiaggia non importa - siamo soltanto interessati a controllare le email, navigare sul web o chiacchierare su Facebook.
Chi fornisce il servizio, spiega l'esperto Cnn JP Mangalindan, invece è costretto a vedere due mondi paralleli e diversi. Aumentare la capacità di internet a casa è facilissimo, mentre migliorare il servizio via sim card non lo è. Il network telefonico è costruito sul presupposto che la gente si collega e si scollega velocemente. La diffusione degli smart phone e quindi della possibilità non solo di parlare in movimento, ma anche di vedersi, di scaricare film, di sentire musica in streaming, di consultare mappe e quant'altro sugli schermi ad alta definizione ha messo in crisi il sistema. È stato l'iPhone a cambiare la rete per sempre, non l'accordo Google-Verizon.

In America, dice Mangalindan, se gli operatori telefonici volessero arrivare alla medesima capacità di banda dell'internet via cavo dovrebbero triplicare il numero dei ripetitori per ciascun utente. Per installare un ripetitore a volte sono necessari tre anni, tra autorizzazioni e permessi. Da qui l'esigenza di fornire agli utenti di internet mobile alcuni servizi premium, accessibili più facilmente di altri. Lo streaming dei video potrebbe essere più veloce. Alcune applicazioni che richiedono la banda larga diventerebbero possibili anche sul telefonino e così via. «Mia madre ha un pace-maker collegato wireless con l'ospedale nel caso avesse un'aritmia – ha detto a Cnn l'analista Craig Moffett di Bernstein Research –. Davvero pensate che sia illegale dare la priorità a questo tipo di traffico piuttosto che al video di un criceto che fa sci nautico?».

Google e Verizon hanno probabilmente sbagliato a non proporre un limite temporale alla sospensione della net neutrality su internet mobile, ha scritto il direttore di ZDNet Larry Dignan, ma la loro proposta ha senso. Facebook è contro, AT&T a favore. Tutti gli esperti intuiscono l'interesse di Verizon a sospendere la net neutrality sulla rete mobile: i fornitori di contenuti dovranno pagare il provider per privilegiare i loro prodotti e gli utenti pagheranno di più per un servizio migliore. Meno evidente l'interesse di Google, società nata e cresciuta col mito dell'accessibilità democratica.

Una spiegazione c'è: il modello di business di Google è quello dei click sui banner pubblicitari. Google non ha molte altre possibilità di diversificare i ricavi, così è entrato nel mercato dei telefoni: ogni giorno registra 200mila smartphone con il suo sistema operativo Android. Un dato superiore a quello degli iPhone. Google, dicono gli esperti, non è più un outsider che ha bisogno della massima apertura per conquistare fette di mercato. Google è come Apple. AT&T, l'operatore telefonico che in America ha siglato l'accordo in esclusiva per l'iPhone, impone ad Apple di non distribuire le applicazioni dei concorrenti. Chi compra uno smartphone diverso da iPhone non può accedere ai servizi internet di iTunes. Apple non usa il software Flash di Adobe e nega ai possessori di iPhone, iPad e iPad l'accesso a milioni di contenuti animati e video. Il futuro apocalittico, in realtà, è già arrivato.

Un altro esempio è quello della tv via cavo o via satellite che ha ampliato l'offerta della tv generalista gratuita (ma con canone). Non ha ristretto gli spazi. Chi la vuole paga e guarda le partite di Serie A e le anteprime dei film. Chi non la vuole, o non se la può permettere, si accontenta dell'offerta generalista di sempre. L'accesso alla rete resterà democratico, ma non tutti i telefoni, i piani tariffari e i network sono uguali. Ed è giusto che sia così. I bisogni dei consumatori sono diversi.

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