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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2010 alle ore 10:15.
L'ultima modifica è del 14 agosto 2010 alle ore 11:32.
La grande crisi economica ha messo alla prova la leadership dell'amministratore delegato di UniCredit, Alessandro Profumo. E non sono mancati momenti davvero difficili. Eppure il modello di banca transnazionale, interessata a crescere sui mercati piuttosto che come banca di sistema, ha tenuto. Oggi Profumo ha riconquistato margini di manovra significativi, pronto ad affrontare un settembre che si preannuncia meno drammatico ma ancora ricco di nodi da sciogliere. «Abbiamo come banche mille colpe e ho ammesso di avere fatto degli errori per i quali sono stato ipercriticato», ha dichiarato il banchiere, aggiungendo però che per il sistema bancario il peggio è passato.
La ripresa di UniCredit è partita da novità su almeno quattro fronti. Prima di tutto l'archiviazione del cosiddetto modello S3, che era servito a riorganizzare la banca separando le attività di retail, private banking e investment banking. La scelta è stata della banca unica di gruppo, decisa per ritrovare relazioni adeguate con il territorio e con la clientela dei mille campanili, oltre a rendere possibile il taglio dei costi.
Un secondo filone d'intervento ha riguardato il rafforzamento dei conti aziendali che, fra l'altro, ha permesso di affrontare nel modo migliore la prova del nove: lo stress test europeo. UniCredit lo ha superato a pieni voti, confermando che la solidità del gruppo crea le premesse per gestire altre situazioni di crisi senza troppe preoccupazioni.
Il terzo fronte riguarda gli assetti della compagine azionaria. La novità è rappresentata da un tris di peso: l'entrata nel capitale d'investitori libici (complessivamente intorno al 6,6%), del fondo americano Blackrock (4% circa), del fondo sovrano di Abu Dhabi (a poco meno del 5%). La conseguenza è che le fondazioni mantengono un ruolo dominante, ma in uno scenario più composito. Basterà a Profumo per arginarle?
In particolare il problema si pone a Verona, dove il presidente della fondazione veronese, il cattolico Paolo Biasi, si muove d'intesa con il sindaco leghista Flavio Tosi. Ma anche in Piemonte, dove affonda le radici Fabrizio Palenzona, gran navigatore formato alla scuola delle correnti Dc. Proprio Palenzona, riferimento esclusivo della Fondazione Crt di Torino, nei periodi più duri della crisi è risultato decisivo nel supportare Profumo. Poi però il rapporto è tornato quantomeno dialettico, con quel tanto d'incomprensioni che ridanno slancio agli animatori della fronda anti-Profumo, sempre pronti a sognare il fronte comune dei grandi azionisti, compresi gli imprenditori privati tra cui spicca uno dei critici più convinti: l'imprenditore emiliano Luigi Maramotti, della Max Mara.