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Questo articolo è stato pubblicato il 15 agosto 2010 alle ore 08:03.
«Piove su le tue ciglia nere / sì che par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da Ogm tu esca». D'accordo, la poesia del Sommo vate non diceva esattamente così, ma forse i libertari italiani hanno trovato ciò che i nazionalisti avevano in D'Annunzio, un cantore che con gesta eclatanti faceva prender corpo a un sentimento e un pensiero.
Sto parlando di Giorgio Fidenato, imprenditore agricolo friulano che non è ancora volato su Vienna né progetta la liberazione di Fiume, ma che qualche rischiosa azione dimostrativa la sta compiendo. In queste ultime settimane, in particolare, piantando mais Ogm nei suoi terreni.
Quest'ultima vicenda può riassumersi così: l'Unione Europea prevede che nessun paese possa proibire la coltivazione di Ogm se non per una "clausola d'eccezione" basata su prove scientifiche in base alle quali una determinata coltivazione transgenica risulti nociva. Francia e Germania l'hanno già invocata, ma sono state respinte per mancanza di scientificità. Il latitante Stato Italiano non ha ancora preparato un elenco di quali siano le specie sicuramente ammissibili, nonostante il Consiglio di Stato lo abbia messo in mora. Fidenato (e altri), dopo aver tentato le vie dei tribunali, vincendo ma senza ottenere soddisfazione concreta, decide di piantare nelle sue proprietà delle specie di mais che rientrano nella nomenclatura europea, ma non ancora formalmente approvate dal Belpaese. Ciò provoca reazioni di stampa (in particolar modo di Carlo Petrini, l'alfiere dello slow-food) e di due gruppetti di energumeni di Greenpeace e di Ya Basta che devastano le coltivazioni dell'imprenditore.
Salvo la commendevole eccezione del ministro dell'agricoltura Galan (bravo!) il mondo politico che fa? Con in testa il Newton dei nostri tempi, il presidente del Veneto Zaia, invece di condannare l'aggressione, condanna l'aggredito, affermando che i No Global hanno ripristinato la "legalità"! Infatti, il pericolosissimo mais di Fidenato è "fuorilegge" e in più rischia di contaminare i campi circostanti. In assenza di un'azione della procura (che sta studiando il problema) i falciatori verdi sono dei sostituti non d'imposta ma, appunto, di legalità.