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Lotta agli evasori senza tralasciare il taglio delle tasse

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2010 alle ore 08:49.
L'ultima modifica è del 17 agosto 2010 alle ore 08:54.

Ci fu un periodo, nell'estate del 2006 e in quella del 2007, in cui il fisco era di gran moda. Erano i tempi del governo di Romano Prodi, fondato su un pasticciato accordo programmatico in cui la sinistra massimalista godeva di una decisiva posizione di rendita. Erano i tempi in cui venivano stampati manifesti politici (Rifondazione comunista) raffiguranti uno splendido cabinato da crociera sul quale pendeva la minacciosa scritta «Anche i ricchi piangono». Erano i tempi del «pagare le tasse è bello» in una visione misto ideologico-punitiva, visione sulla quale il centro-destra ha potuto costruire una piattaforma elettorale alternativa che l'ha portato a (stra)vincere le elezioni del 2008.

Accade in questa difficile estate 2010, targata centro-destra, che il fisco sia tornato di moda. Molte cose sono cambiate, a partire dalle conseguenze di una crisi planetaria modello 1929. Debiti e deficit pubblici, dopo la fase dei sostegni massicci, sono ora sotto tiro dappertutto, e l'Italia non fa eccezione. Anzi si può affermare che ha adottato una politica rigorosa per mettere in sicurezza i conti pubblici: del resto - non va dimenticato - lo stesso programma elettorale del centro-destra del 2008 non prometteva miracoli e s'ispirava a una buona dose di realismo.
Il governo ha insomma seguito la rotta tecnica tracciata dal ministro Giulio Tremonti e il premier Silvio Berlusconi (sia pure con qualche correzione) l'ha tradotta in linea politica di tutto il governo. Politica fiscale compresa, tenuto conto di un'evasione che ammonta a circa 120 miliardi.

Così, ecco i blitz tra gli ombrelloni dei vacanzieri facoltosi per saggiarne le capacità contributive, i raid sulle barche di lusso, lo spulciare i conti dei viaggi vacanza, il tambureggiamento statistico sui risultati della lotta contro l'evasione fiscale. È poi in arrivo il "grande occhio" con la mega-banca dati unica Lavoro-Inps-Inail-Agenzia delle Entrate. Affila le armi il nuovo redditometro. Non ci sfugge più nessuno, dicono i tecnici. Sulla lotta all'evasione si comincia ad aggregare il «consenso sociale», spiega il capo delle Entrate Attilio Befera.
Tutto bene? Sì, ma facendo molta attenzione. Primo. Il confine tra lotta all'evasione restando su terreni liberali e forme illiberali di giustizialismo fiscale è sottile: sarebbe un errore grave approdare sulle sponde del contrasto ideologico-mediatico, lo stesso che si è già rivelato fallimentare per il centro-sinistra (il ceto produttivo che spesso non a torto si sente colpito da un fisco "nemico" e tende come può ad auto-difendersi è molto presente nel centro-destra).

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Tags Correlati: Attilio Befera | Giulio Tremonti | Partiti politici | Partito della Rifondazione Comunista | Romano Prodi | Silvio Berlusconi

 

Secondo. Come prospettato a inizio anno dal ministro Tremonti, ogni euro recuperato deve servire a ridurre la pressione fiscale. Terzo. La riscrittura del "patto" fiscale tra stato e cittadini-contribuenti è inevitabile (è da barzelletta il fatto che la metà degli italiani dichiarano al fisco meno di 15mila euro l'anno, i due terzi non superano i 20mila e i contribuenti sopra i 100mila euro sono meno dell'1 per cento). Le tasse vanno pagate. Ma è altrettanto inevitabile, viste le dimensioni dell'economia in nero, abbassare le aliquote per cittadini e imprese (per le quali il prelievo, grazie soprattutto all'Irap, può arrivare all'80%) se non vogliamo che la lotta all'evasione si traduca in una ancora più alta pressione fiscale.

guido.gentili@ilsole24ore.com

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