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Ma il rischio maggiore è la liquidità

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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2010 alle ore 08:40.

Bene ha fatto il governatore Mario Draghi a sottolineare l'importanza del cammino verso Basilea 3. Del resto lo sforzo da lui compiuto nell'ambito del Financial stability board per dare una cornice di stabilità alla finanza mondiale non è stato solo di facciata. Purché governanti, vigilanti e banchieri abbiano la volontà di partire dal problema principale: ridurre i rischi di liquidità. La vigilanza sulla liquidità è la battaglia che prima di tutte occorre affrontare per vincere la guerra della stabilità finanziaria. Ed è invece sorprendente constatare che l'importanza delle regole sulla liquidità continui ad essere ignorata nei (finora pochi) momenti cruciali su cui si è discusso e deciso sulla futura regolamentazione bancaria.

Alle radici dell'ultima crisi finanziaria vi è un eccesso di rischio di liquidità, efficacemente descritto in un recente studio di Francesco Giavazzi e Alberto Giovannini per il Cepr. Il Sole 24 Ore ha più volte sottolineato come la crescita eccessiva del rischio liquidità abbia le sue radici in due fenomeni, tra loro intrecciati, negli Stati Uniti ma non solo: l'allontanamento delle banche commerciali dall'originale funzione di trasformare in investimenti produttivi la raccolta del risparmio al dettaglio; lo sviluppo del cosiddetto sistema finanziario-ombra.

Gli intermediari finanziari hanno svolto un ruolo che era a tutti gradito: inventare nuove strumenti e nuovi veicoli per distribuire e gestire il rischio, partendo magari dai mercati finanziari più tradizionali, appunto quelli del credito.

I nuovi "animali" finanziari sono subito piaciuti alle specie più antiche, come le banche commerciali: diveniva possibile trasformare in titoli scambiabili sui mercati rapporti di debito e di credito che prima non lo erano. In tal modo, gli stessi mercati bancari a monte ne hanno tratto beneficio, aumentando i profitti, e aprendosi a soggetti che prima dal credito venivano esclusi. Il lato positivo della medaglia - l'aumento delle dimensioni complessive dei mercati bancari e finanziari - ha avuto il suo rovescio altamente tossico: l'aumento della complessità e della rischiosità complessiva dei mercati stessi. A un certo punto non si è più compreso come e dove fosse distribuito il rischio.

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Tags Correlati: Alberto Giovannini | Basilea | Globalizzazione | Mario Draghi

 

La lezione della crisi è dunque quella che occorre evitare l'eccessiva assunzione di rischio, minimizzando la probabilità che si creino di nuovo le condizioni per le crisi di liquidità, aziendali e sistemiche. La regolamentazione degli intermediari può e deve fare la sua parte, attraverso i coefficienti sulla liquidità. Perché i coefficienti di capitali non servono a nulla, se la liquidità non è ben presidiata.

Le banche devono avere riserve di liquidità congrue, in un orizzonte di breve come di lungo periodo. Riguardo al breve periodo, occorre definire "liquidity coverage ratio" che impongano alle banche di detenere le attività liquide necessarie ad affrontare eventuali situazioni di stress finanziario. In un'ottica di più lungo periodo, è necessario monitorare e regolare il meccanismo di trasformazione delle scadenze. I sistemi bancari che hanno meglio resistito alla crisi finanziaria - come gli italiani e i canadesi - sono quelli basati su un'attività bancaria in cui il passivo è rappresentato da raccolta di depositi al dettaglio e l'attivo si concentra sul credito al settore industriale e commerciale.

L'attenzione al rischio liquidità deve essere primaria. Eppure finora non è stato così. Lo scorso mese è stato annunziato l'ennesimo annacquamento del progetto Basilea 3, con un indebolimento delle proposte sui coefficienti di liquidità unito a un ulteriore slittamento temporale. Nello stesso tempo ci si è baloccati con gli stress test, dando ai livelli del capitale bancario - in tanti casi drogati dall'intervento statale - un'importanza eccessiva e persino forviante. Occorre allora dissipare i dubbi – e va detto che Draghi ne è consapevole e lavora in questa direzione – che non si voglia affrontare al meglio il tema della gestione del rischio liquidità. Magari perché a qualche sistema bancario, o a qualche banca, l'argomento sarebbe di difficile digestione.

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