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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2010 alle ore 09:01.
La lezione tedesca sui mercati globali ci insegna che investimenti ed esportazioni verso i paesi emergenti sono l'ingrediente essenziale di una crescita sorprendente del Pil, che la Bundesbank dice sarà del 3% nel 2010. La Germania ci insegna anche che le imprese all'estero si muovono più facilmente quando alle spalle hanno un granitico sistema di supporto istituzionale.
Ma c'è un'altra lezione tedesca, che arriva dall'Asia. E ha due ingredienti: la cosiddetta mittelstand, il tessuto delle medie imprese specializzate, e le banche per lo sviluppo. Prendiamo la Kirow di Lipsia: si è aggiudicata due contratti – uno da 98 milioni di dollari e l'altro da 68 – con le ferrovie cinesi, e per portarli a casa ha partecipato a un bando dell'Asian Development Bank (Adb), la Banca per lo sviluppo dell'Asia. Un'istituzione cui Berlino contribuisce con un capitale di 2,3 miliardi di dollari, ma da cui ha buoni ritorni in appalti per le proprie aziende. È un gioco a doppio guadagno: chi si aggiudica i finanziamenti aiuta un paese emergente a modernizzarsi e apre a se stesso nuovi mercati. I tedeschi sono tra i più esperti utilizzatori dei fondi delle banche di sviluppo. Li conoscono, concorrono, vincono, vanno e costruiscono. Questo serve loro a incontrare, in territori poco noti, interlocutori privilegiati con cui poi continuare a fare affari, una volta chiuso il progetto finanziato.
La posta in gioco è enorme: entro il 2020 l'Asia dovrà spendere 8mila miliardi di dollari in nuove infrastrutture. E l'Italia, che contribuisce al capitale dell'Adb, farebbe bene a non sottovalutare questa porta d'ingresso.