Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2010 alle ore 08:14.
L'ultima modifica è del 24 agosto 2010 alle ore 08:06.
Da settimane dietro le quinte del potere in Europa aleggia uno spettro. Quello spettro è David Petraeus. Da quando il mese scorso è entrato in carica in qualità di capo delle forze congiunte statunitensi e della Nato in Afghanistan, molti governi europei temono che il generale voglia cercare di protrarre ed estendere la portata del "surge" militare, inviando nuovi ingenti rinforzi allo scopo di offrire all'esercito statunitense una chance maggiore di avere la meglio sulla popolazione pashtun del sud del paese e di infliggere un colpo ai talebani che li metta fuori gioco.
Ciò è quanto egli ha reso nelle prime interviste che ha rilasciato ai media da quanto ha assunto il mandato, ed è anche ciò che la maggior parte dei paesi europei non crede sia possibile realizzare.
Parlando con generali, diplomatici e funzionari europei coinvolti direttamente nella politica afgana dei loro rispettivi governi emerge una comune preoccupazione: che il presidente Barack Obama non sia in grado di arginare le richieste del generale Petraeus di estendere il "surge" ben oltre il mese di luglio del 2011; che il generale possa continuare a esercitare pressioni affinché si continui a protrarre e dare la precedenza alla strategia militare; e che respinga qualsiasi suggerimento ad avviare tentativi di colloqui di pace con i talebani, tattica che molti europei paiono invece prediligere.
Tutti i governi europei devono far fronte alla pressione di ritirare o ridurre i loro contingenti in Afghanistan, per vari motivi tra i quali i tagli alla Difesa, la recessione, la collera dell'opinione pubblica o l'opposizione dei rispettivi parlamenti. Analoghe motivazioni stanno al contempo inducendo molti rappresentanti del Congresso americano, in particolare i democratici, a schierarsi contro la guerra. L'ultimo sondaggio dell'Nbc e del Wall Street Journal ha messo in luce che sette americani su dieci non ritengono possibile che l'America riporti la vittoria in questa guerra.
Nessun governo, però, ha finora detto di volersene andare subito. Tutti si rendono perfettamente conto che la posta in gioco è molto alta, non soltanto in Afghanistan, ma anche per la regione e la credibilità della Nato. Un ritiro delle truppe troppo precipitoso potrebbe far sì che i talebani abbiano la meglio e lasciare in seri guai decine di migliaia di afgani che hanno dato il loro appoggio alle forze occidentali. Ciò che l'Europa vuole davvero è un finale negoziato, una soluzione definitiva per la regione, che includa negoziati con i talebani stessi.