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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2010 alle ore 08:40.
L'ultima modifica è del 24 agosto 2010 alle ore 08:05.
La proposta dell'onorevole Italo Bocchino di allargare la maggioranza uscita vittoriosa dalle elezioni ai centristi è stata respinta al mittente dalla totalità della compagine governativa, accolta con indifferenza dall'opposizione e con freddezza anche dagli stessi parlamentari chiamati a entrare nell'ipotetico nuovo esecutivo. Ne comprendiamo i motivi. La crisi di governo che si è aperta dopo lo strappo dei finiani, di cui l'onorevole Bocchino è uno degli esponenti di punta - con l'etichetta di falco - ha aperto una ferita profonda nella politica e nelle istituzioni.
Rimarginarla non sarà facile. Certo non potranno contribuire proposte che hanno più il sapore della provocazione che della reale voglia di rimettere in carreggiata un governo che assicuri una guida al paese, gestisca l'uscita dalla crisi e avvii le riforme necessarie. Né per avere un governo purchessia si può ignorare la volontà espressa dagli italiani alle urne. Chi è stato eletto per governare è giusto che governi, chi è stato destinato a svolgere il delicato e importante compito dell'opposizione, sieda sugli scranni di minoranza del parlamento, proponga, emendi e vigili. Per trovare la difficile quadra non servono le provocazioni da solleone.