Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2010 alle ore 08:19.
L'ultima modifica è del 25 agosto 2010 alle ore 08:08.
Chi di media ferisce di media perisce. E ora lo star system sta per rivelarsi un'arma a doppio taglio per il presidente iraniano Ahmadinejad che in questi anni ha fatto di tutto per finire sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, lanciando invettive e pronunciandosi persino sull'Olocausto. Prima di lui soltanto l'Ayatollah Khomeini aveva utilizzato i mezzi di comunicazione in modo tanto eclatante, poi i religiosi sciiti di diverso rango hanno messo in atto una serie di misure per apparire, ma sottotono.
All'inizio della sua presidenza, per esempio, il riformatore Khatami aveva cambiato la montatura degli occhiali, scegliendone una più leggera e giovanile, optato per un famoso sarto di Qum e lanciato lo slogan del dialogo tra civiltà. E nella campagna per le presidenziali del 2005 il candidato Rafsanjani aveva girato uno spot elettorale dal barbiere. Ma tutto questo è ben poco in confronto a quanto messo in scena da Ahmadinejad che, con le sue giacchette economiche di produzione cinese, ha approfittato dell'esposizione mediatica per farsi pubblicità in patria guadagnando consensi. Basti pensare all'accoglienza da eroe in Brasile grazie alla complicità del presidente Lula.
Ora, l'esposizione mediatica rischia però di diventare un'arma a doppio taglio. A infliggere il colpo sono sia i nemici del presidente iraniano sia l'alleato brasiliano che con Ahmadinejad condivide la politica populista e antimperialista e, soprattutto, il comune nemico statunitense.
Per il resto l'Iran e il Brasile sono molto diversi, basti pensare alla condizione femminile. E quindi - su pressione dell'opinione pubblica interna - nelle scorse settimane il presidente brasiliano ha offerto rifugio a Sakineh, l'iraniana condannata alla lapidazione perché accusata di adulterio e di complicità nell'omicidio del marito.
La poveretta ha subìto 99 frustate ed è stata obbligata a confessare le proprie colpe in televisione, nella peggiore tradizione della monarchia Pahlavi che già usava queste misure come deterrente. Dopo l'intervento del presidente brasiliano e un appello dell'intellettuale francese Bernard-Henri Lévy, adesso a intervenire è Carla Bruni con una lettera in cui informa Sakineh che «mio marito difenderà la vostra causa senza sosta e la Francia non vi abbandonerà».