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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2010 alle ore 08:27.
Il messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ai tre operai della Fiat di Melfi Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, licenziati, reitegrati dal pretore ed esclusi dalla Fiat dall'attività lavorativa in produzione, è stato giustamente enfatizzato.
L'auspicio del presidente - indirizzato anche ai vertici della Fiat - «che il grave episodio possa essere superato, nell'attesa di una conclusiva definizione del conflitto in sede giudiziaria, e in modo da creare le condizioni per un confronto pacato e serio su questioni di grande rilievo come quelle del futuro dell'attività della maggiore azienda manufatturiera italiana e dell'evoluzione delle relazioni industriali nel contesto di una aspra competizione sul mercato globale» pone tutti davanti al grande nodo con cui occorre misurarsi: la riforma del mercato del lavoro. Creare in Italia le condizioni perché la Fiat possa produrre per competere. Negli Stati Uniti si è scelta la via della differenziazione salariale e della tregua, in Germania quella della moderazione retributiva. In entrambi i paesi il sindacato partecipa al capitale. In Italia? Qual è il moderno modello di relazioni industriali? Non c'è. Guardare al dito e non alla luna rischia di portare lontano dai problemi del paese.