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La Middle America va in cerca di fiducia

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2010 alle ore 16:24.

Third World America è un titolo efficace ma provocatorio per un saggio come per un (profetico?) post su un blog firmato Paul Krugman e datato febbraio 2008, cioè poco dopo gli albori del diluvio. Lo sa anche l'autrice del libro in uscita il 7 settembre, Arianna Huffington, e lo dice chiaramente in un video sull'Huffington Post. A torto o a ragione, che sia o no a doppia W la crisi (caduta, ripresa, caduta, ripresa), lo spettro che si aggira per l'America nell'estate/autunno del nostro discontento è proprio un'America da terzo mondo, nel senso di un'America senza classe media.

«Si è infranto il sogno americano» è infatti la denuncia che unisce almeno negli slogan i due populismi: da destra i Tea Party, che ieri si sono ritrovati a Washington con Glenn Beck, star di Fox News, e Sarah Palin, candidata repubblicana alla vicepresidenza con John McCain; da sinistra i progressisti, i liberal più duri nel criticare la presidenza di Barack Obama, visto ormai come un Icaro che cade sull'ultima copertina di New Republic. I populismi della classe media sono fenomeni che pesano, a loro e nostro rischio e pericolo, perché potenzialmente maggioritari.

La politica ha dimenticato la Middle America, della quale fanno parte anche gli operai, è l'accusa di Arianna Huffington, che con il suo Post sta lanciando una campagna, e con essa il suo libro, per proteggere il sogno americano, girando il paese, raccogliendo storie, con mappe interattive, di quell'America che a suo dire è uscita dal bagaglio di interessi di chi sta a Washington. E non da ora, spiega Huffington, citando 11 libri che dal 1989 a oggi hanno previsto questa frattura.

È chiaro che è sempre più Paul Krugman, il premio Nobel, il punto di riferimento intellettuale di questo che, a differenza dei Tea Party, non è ancora un movimento, ma una corrente di pensiero, che critica aspramente Obama, ma non lo ha abbandonato del tutto, per questo il malcontento non ha ancora uno sbocco politico alternativo e nuovo a sinistra. Come accade dall'altra parte, nell'America conservatrice, con i Tea Party. Huffington lo dice chiaro e tondo alla sinistra: «È chiaro che Obama non ha il fuoco sacro che molti militanti pensavano che avesse». Però poi subito aggiunge: ma non è ancora detto che il primo mandato del presidente Nobel per la pace non possa essere un successo.

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Tags Correlati: Arianna Huffington | Barack Obama | Fmi | Fox News | Glenn Beck | John Edwards | Partiti politici | Pubblica Amministrazione | Robert Reich | Sarah Palin | Simon Johnson | Stati Uniti d'America |

 

Che il tema della Middle America in via d'estinzione fosse nell'aria l'aveva fiutato un candidato democratico come John Edwards, finito poi sconfitto dalla politica e dagli scandali famigliari. Ma chi è il colpevole? Per Huffington, il connubio tra finanza e politica. È d'accordo e ne scrive su Baseline Scenario Simon Johnson, autore di 13 Bankers, che conferma pure la tesi del rischio «eccessiva debolezza per la Middle America», adducendo anche come causa l'arrivo delle nuove tecnologie.

La politica – da Bill Clinton in poi, direbbero i repubblicani di Washington e urlerebbero i Tea Party – ha creduto di poter garantire alla Middle America una casa, una pensione, una sanità grazie allo sviluppo degli strumenti finanziari, invece che con un welfare state fatto di tax and spend: l'illusione è esplosa in una bolla. I debiti dei consumatori, per Huffington, nascono da disuguaglianze antiche aggravate e non create dall'ultima crisi. Anzi, la finanza estrema è nata – è la tesi anche di Fault Lines, il recente libro di Raghuram G. Rajan, già capo economista del Fondo monetario internazionale – perché il dilagare delle disuguaglianze e l'assottigliarsi dello stato sociale hanno nel tempo creato una forte pressione politica favorevole al credito facile, e dunque rischioso.

Come se ne esce? Secondo Huffington, il cambiamento non può venire da Washington, ma da fuori: il vero cambiamento verrà quando abbastanza gente lo chiederà. Da qui il richiamo populista in versione progressista.
Anche Robert Reich, ministro del Lavoro nell'amministrazione Clinton, nel suo libro in uscita in America il 21 settembre, avvalora la teoria dell'apocalisse finanziaria sorta sulle ceneri della classe media, meglio: nella concentrazione al top del benessere americano, spiegando inoltre che il precedente di un tasso di concentrazione del benessere su così poche teste era appunto il 1928, a un passo della Grande depressione. Il dato non è ovviamente beneaugurante oggi. Il trend dell'aggravarsi delle disuguaglianze – secondo Reich – va invertito, è l'unico modo per evitare il ripetersi della Grande depressione, ma è un processo politico, umano ed economico lungo. È la ricostruzione di un sistema perché non imploda.

Per la Middle America batte anche il cuore dei Tea Party. La rottura del sogno americano per loro deriva però dalla ragione opposta: Obama è «troppo socialista» e creerà la grande depressione con il fisco pesante, gli interventi pubblici e l'idea di garantire, come per la riforma sanitaria, uno stato sociale fatto di tasse private e spesa pubblica, e non di libera scelta di spesa individuale favorita da un fisco leggero.
Così dalle paure della classe media nasce la debolezza dell'America di mezzo, di centro, indecisa e incerta, sotto la pressione dei populisti, che invece di solito hanno le idee chiare, anche se non è detto che siano giuste. Ridare fiducia alla Middle America e all'America di mezzo è il vaste programme di Obama.

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