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Islam europeo rivisto e scorretto

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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2010 alle ore 09:12.
L'ultima modifica è del 31 agosto 2010 alle ore 09:22.

Quando si getta uno sguardo sui movimenti di protesta, di resistenza o rivoluzionari del secolo scorso, sia in Occidente che nei paesi ex colonizzati, si rimane sorpresi dalla profonda differenza tra la violenza politica di allora e quella di oggi. La guerra di Spagna contava tra i suoi militanti filosofi e poeti come Machado e Garcia Lorca, e c'è un abisso tra il «viva la muerte» cantato da quei rivoluzionari degli anni 30 e lo slogan «amiamo la morte» lanciato negli anni 90 dal Gruppo islamico armato (Gia) in Algeria e ripreso oggi dalle nuove milizie, figlie del salafismo, chiamate Al Shebab.


Questi movimenti islamisti sono il prodotto della destrutturazione del sistema mondiale e della profonda crisi che attraversa le giovani generazioni nel mondo musulmano. Si chiamano shebab, in arabo "giovani"; la radice triletterale della parola rimanda anche alla nozione di "bellezza". La fascia di età delle reclute va dai 17 ai 30 anni. Provengono da tutto il mondo - Europa, Usa, Asia, Africa, Medio Oriente - e il loro ideale s'inscrive in un'interpretazione radicalista e militante del Corano. L'instaurazione delle corti islamiche rappresenta per loro l'autentico ordine islamico: nulla a che vedere dunque con gli ideali di libertà e giustizia che hanno caratterizzato i movimenti di liberazione nazionale, negli stessi paesi, durante il XX secolo.

Che cosa è accaduto dunque a un'intera generazione? Qual è la natura del cambiamento, da Est a Ovest, da Nord a Sud? Che cosa accomuna un ragazzo musulmano della periferia di Amsterdam a un coetaneo di Casablanca o di Mogadiscio?

Come più volte ho sottolineato, avere vent'anni nel mondo musulmano non è la stessa cosa che avere vent'anni in Occidente. In quegli ambiti culturali il conflitto generazionale non esplode mai, la relazione tra genitori e figli è sempre verticale e rigidamente autoritaria, tutti i ruoli sono predeterminati. Ma ecco che il sistema mondiale, e la cultura occidentale che ne è alla base, scardinano completamente l'ordine tradizionale mettendo in crisi le certezze. Non è un caso, dunque, che nella stessa Europa si assista a un duplice fenomeno: la dimensione urbana non produce più società, e interi quartieri si rinchiudono nella dimensione comunitarista; così gruppi di giovani si impadroniscono dell'islam, lo strutturano a loro modo investendo la loro violenza in una dimensione religiosa.

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Tags Correlati: Africa | Al Shebab | Asia | Europa | Garcia Lorca | Gruppo islamico armato |

 

Così l'urbanità postmoderna si coniuga con nuove forme d'identità religiosa, e l'islam diviene una specie di Weltanschauung per chi combatte su tutti i fronti del mondo, dall'Afghanistan alla Somalia. Questi giovani borderline sanno bene che fanno parte di una cultura perdente, e che il cammino dell'emancipazione femminile è irreversibile anche nel mondo islamico. La loro violenza è proporzionale ai cambiamenti in corso, anche se con molta difficoltà, in quella cultura.

La crescita di questi movimenti e di queste nuove forme di violenza è un segnale anche per l'Occidente: il fatto di trovare nei gruppi di combattenti shebab dei giovani musulmani che provengono da paesi occidentali ci deve interrogare sulla questione dell'integrazione. Perché integrazione non significa solo riconoscimento di un'identità specifica, ma anche condivisione dei valori che sono all'origine dell'Occidente, vale a dire libertà ed eguaglianza.
Lo sfaldarsi della coesione sociale è quindi una minaccia per l'Europa: un vasto programma di educazione dovrebbe aiutare a prevenire queste nuove forme di violenza che esplodono nelle zone di conflitto nel mondo. In particolare la costruzione di un islam europeo potrebbe aiutare a definire dei modelli virtuosi di comportamento affinché questi shebab che partono anche dall'Europa possano allontanarsi dalla violenza.
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