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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2010 alle ore 09:27.
L'ultima modifica è del 03 settembre 2010 alle ore 09:18.
Nel mondo della scuola italiana come in quello dell'università, l'inizio del nuovo anno si profila difficile. A livello d'insegnamento primario e secondario, il problema endemico del precariato si è fatto particolarmente acuto, sia per gli effetti della manovra economica intrapresa dal governo sui conti pubblici, sia per un ritardo burocratico nell'immissione in ruolo dei nuovi docenti. A livello d'insegnamento universitario, la protesta dei ricercatori (e di buona parte dei professori ordinari e associati) contro la riforma Gelmini minaccia, in molti atenei, una regolare ripresa dei corsi.
Per i critici più severi, il governo di centro-destra deve misurarsi oggi con le conseguenze di una dissennata politica di tagli. Secondo l'antico adagio, chi semina vento raccoglie tempesta: qui, nella forma - ora drammatica, ora pittoresca, ora aggressiva - d'insegnanti precari che fanno sciopero della fame o inscenano performance in piazza, e di ricercatori universitari che predispongono "picchetti" secondo modelli di contestazione resuscitati dagli anni 70.
In realtà, non occorre essere avversari del governo per riconoscere come anche le migliori intenzioni di riforma del ministro Gelmini si vadano scontrando, oltreché con la protesta dei docenti, con la legge dei numeri.
Per quanto sia benvenuta ogni politica di contenimento degli sprechi e di mobilitazione forzosa dei "fannulloni", resta il fatto che il ministero dell'Istruzione è oggi esposto al rischio concreto del sottofinanziamento. E che i risparmi conseguiti in via Trastevere grazie alla riduzione progressiva del corpo insegnante sono lungi dal determinare una riconversione della spesa verso altre voci di bilancio, in primis la ricerca scientifica.
Tuttavia, sarebbe riduttivo ragionare della situazione italiana senza paragonarla con quella di altri paesi europei, a cominciare dalla Francia. Dove, in questi giorni, la fatidica rentrée scolaire avviene in un clima quasi esacerbato d'insoddisfazione e protesta. Migliaia di posti d'insegnamento non coperti, classi che sfiorano il tetto dei 40 effettivi, docenti nominati su cattedre annuali senza avere compiuto un solo giorno di tirocinio: oltralpe, le cose non sembrano andare meglio che da noi. Al punto che (battendo ogni record) gli insegnanti francesi scenderanno in sciopero già lunedì e martedì prossimi, cioè al quarto e quinto giorno di scuola!