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Profumo, i libici e i mal di pancia delle fondazioni

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2010 alle ore 09:55.
L'ultima modifica è del 04 settembre 2010 alle ore 08:06.

L'entrata in UniCredit della Lybian investment authority (Lia), il fondo creato dal governo per investire gli utili ricavati dalle risorse petrolifere, è la cronaca di un evento annunciato. I libici hanno esordito tra i grandi azionisti della banca nel febbraio 2009, in un momento molto delicato per l'amministratore delegato Alessandro Profumo: la grande crisi economica colpiva duro e per la prima volta la leadership del banchiere veniva messa in discussione.


In quei giorni è stato deciso il rafforzamento patrimoniale dell'istituto, con un aumento di capitale e con l'emissione di tre miliardi di obbligazioni convertibili, i cosiddetti cashes. Il colpo di scena, annunciato all'ultimo minuto modificando impegni ribaditi fino a poche settimane prima, è stata la scelta della Fondazione CariVerona, uno dei principali azionisti, di non sottoscrivere 500 milioni di obbligazioni. Il passaggio cruciale è stato poi superato grazie all'appoggio della Fondazione Crt (garantito dall'impegno di Fabrizio Palenzona, che è anche vicepresidente di UniCredit) e all'entrata in scena con l'acquisto di una partecipazione inferiore di poco al 5% della Central bank of Lybia, la banca centrale libica (costruito anche tramite la rete del mondo Mc Kinsey, la società di consulenza strategica in cui è cresciuto Profumo).
Da quel momento il rapporto con la Libia si è consolidato. E pochi mesi dopo, cioè dall'aprile 2009, i rappresentanti libici hanno detto che erano interessati ad aumentare la loro quota. I tempi in cui lo hanno fatto e modalità vanno chiariti. La Lia ha comunicato all'inizio di agosto il superamento della soglia di possesso del 2%, considerando le proprie scelte del tutto autonome da quelle della Central bank of Lybia (ma in proposito la Consob ha chiesto ulteriori chiarimenti). È davvero così oppure considerando le caratteristiche del paese va ritenuto un blocco unico? In particolare l'attenzione è rivolta al vicepresidente di UniCredit in rappresentanza della Central bank, Farhat Omar Bengdara, che è anche consigliere di amministrazione della Lia. E ancora: chi ha comprato la partecipazione del 2% per conto dei libici? La realtà è che buona parte degli acquisti sono stati effettuati tramite lo stesso UniCredit.

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Tags Correlati: Alessandro Profumo | Banca d'Italia | Central | Consob | Dieter Rampl | Fabrizio Palenzona | Fondazione Crt | Libia | Mc Kinsey | Of Lybia | Omar Bengdara | Partecipazioni societarie

 


Il consiglio di amministrazione e il presidente Dieter Rampl non ne sono stati informati, neppure nell'incontro tra i principali azionisti del 28 luglio (che aveva all'ordine del giorno la riorganizzazione del gruppo) e nel cda del 3 agosto (che ha approvato i conti aziendali). Rispetto della riservatezza necessaria per non violare le norme? Ne discuterà il comitato strategico della banca in agenda mercoledì prossimo. Così come UniCredit dovrà rispondere alla richiesta di chiarimento inviata da Banca d'Italia, che chiede se e cosa cambia nella governance del gruppo.
La Padania, il primo quotidiano ad occuparsi del caso, ha titolato che il gruppo sta per essere ceduto agli arabi. Al contrario, un protagonista della vicenda sottolinea i "mal di pancia" di grandi azionisti che da tempo rimpiangono di non contare nella gestione della banca e che temono la presenza di altri soci esteri importanti, in quanto riduce ancora di più il loro peso. Di sicuro è che, questa volta, Palenzona risulta molto, molto meno disponibile alla mediazione. E con lui la Fondazione Crt, rafforzata dai risulti eccellenti ottenuti con la diversificazione in Autostrade e Generali.

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