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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 07:49.
L'ultima modifica è del 07 settembre 2010 alle ore 08:38.
Tra dirigismo e liberismo la terza via tracciata da Gianfranco Fini a Mirabello è quella dell'«economia per la coesione sociale». La sintesi è di Alessandro Campi, direttore scientifico di Farefuturo, dunque interprete autorizzato del Finipensiero.
Il presidente ha usato molto le parole politica, nazionale, Pdl. Poco il termine economia. Non è tema centrale?
Tutt'altro. Al di là delle ricorrenze statistiche il suo è stato anche un discorso economico.
Ci dica due parole chiave.
Federalismo: Fini ha ripetuto che ha senso solo se equo e non divide il paese. E precariato: razionalizzare l'organico della scuola va bene, il problema è evitare scontri generazionali. Questo paese rischia troppe fratture. Serve cucire, non dividere.
Fini ha criticato Tremonti sui tagli lineari. Torna il partito della spesa?
Si afferma semmai il partito della spesa intelligente. Nessuno nega la necessità del rigore economico, ma serve scegliere bene dove mettere la lama. La scuola, l'università, il mondo della formazione sono organi vitali per il sistema paese. A destra c'è chi pensa che siano "mondi di sinistra", bacini elettorali strutturalmente destinati all'opposizione. Perciò meglio tagliare e basta. Approccio miope. Significa tagliare il futuro.
Mezzogiorno, lavoro, scuola. Proviamo una sintesi: economia sociale di mercato?
Io la definirei un'economia sociale di coesione. Fini non considera la parola welfare un insulto e non la confonde con assistenzialismo. Non è il solo. Sacconi, per fare un nome, è sulla stessa lunghezza d'onda.
Dove non si deve esagerare con il bisturi, secondo la nuova destra che avanza?
Forze di polizia e magistratura. Per Fini e per una destra moderna non si può fare di "legge e ordine" solo uno slogan. Questo governo ne ha parlato spesso, salvo poi asciugare l'acqua intorno a questi settori vitali.
Capitolo sviluppo. Manca un ministro. Non serve?
Secondo noi serve, eccome. La sua "vacanza" è il segnale patente di un vuoto sul tema. Quale politica industriale vuole avere questo paese? Quando Fini chiede che si proceda alla nomina pone questa grande domanda. Attualissima, basta guardare alla gestione del caso Fiat: poco o nulla, fin qui. I processi economici vanno governati politicamente, non lasciati al libero mercato. Abbiamo visto che è rischioso.
Lo dice anche Tremonti.
Ma il berlusconismo, tanto per citare, ha più paura che speranza di governare l'economia. La retorica del fare si è tradotta in dirigismo. Grandi piani (maxi-opere, casa) rimasti su carta. Gigantismo della retorica, nanismo dei fatti. Pochi anche per le piccole imprese che sono la dorsale produttiva di questo paese.